«Bisogna lottare, lo faremo fino all’ultimo per il più piccolo miglioramento di vita di nostra figlia. Non ci fermeremo di fronte a niente. Non sono cose che si possono capire fino a quando non si vivono in prima persona ma stiamo dando tutto noi stessi per lei e continueremo a farlo». Parole di un padre costretto ad affrontare ogni giorno la realtà di una piccola figlia malata gravemente. Parole di un padre obbligato a combattere contro una burocrazia ed un sistema sanitario e legale che nega di fatto un diritto non sancito in una carta scritta ma legiferato dalla vita nella sua essenza etica più profonda. E’ il diritto alla speranza. Parole del padre della piccola Matilde, una bambina dai grandi occhi marroni e dai morbidi ricci che vive a Colle Val d’Elsa, vicino Siena, affetta dalla nascita da tetraplegia spastica, microcrania acquisita, grave ritardo mentale ed epilessia in seguito a errori commessi dai medici durante il parto. Il travaglio per farla nascere è durato 12 ore e in questo arco di tempo il suo cuore ha sofferto in modo irreparabile ma i segnali dei tracciati clinici sono stati sottovalutati. Per questi errori, che segneranno la vita di Matilde per sempre, nel 2009 la famiglia ha ricevuto un risarcimento. Ma la storia travagliata della bambina e dei suoi genitori era solo all’inizio.
Le cure necessarie all’estero e la burocrazia italiana Matilde necessita di cure altamente specializzate a base di terapia fisica intensiva e ossigenoterapia consigliate dalla neuropsichiatra infantile dell’Usl 7 di Siena che nel marzo del 2010 ha individuato in un centro della Florida, la sede più idonea per fare le cure necessarie. Per Matilde inizia il primo dei tre cicli di cura previsti dalla terapia, del costo di 70mila euro interamente rimborsate dalla Usl senese. Terapie che hanno portato i primi miglioramenti, accertati al suo rientro in Italia dalla stessa azienda sanitaria e dal Meyer di Firenze. La terapia prevedeva altri due cicli, ma qui le notizie positive si interrompono. A dicembre 2010 la Usl chiede ulteriore documentazione sulla situazione clinica della bambina e nega nuovi viaggi in Usa.
La battaglia legale Dopo il primo ciclo di cure e primi miglioramenti, diagnosticati al rientro della piccola in Italia dalla stessa Usl e dal Meyer di Firenze, l’Azienda sanitaria locale nega l'autorizzazione alla prosecuzione dei trattamenti terapeutici già intrapresi negli USA e comunque già autorizzati con il primo provvedimento individuando a Massa il centro per continuare le terapie, dove però non è possibile assicurare la medesima procedura. La famiglia, tramite l’avvocato Mario Cicchetti, si rivolge a febbraio 2011 al Tribunale di Siena chiedendo «di dichiarare il diritto a continuare il ciclo di cure mediche nel centro americano – spiega il legale – e disapplicare il provvedimento per lesione del diritto costituzionale alla salute e disparità di trattamento». In primo grado l’Usl, costituendosi in giudizio, ha confermato l'indicazione del centro di Massa, sostenendo quindi l'efficacia dei benefici dell'ossigeno terapia per poi, invece, sostenere la inutilità di tali trattamenti perchè «privi di evidenze scientifiche». Il Giudice di prime cure ha riscontrato le differenze nei provvedimenti emessi dalla Usl nei confronti della bambina e deciso quindi di trasferire gli atti alla Procura presso la Corte dei Conti di Firenze.
In attesa di sentenza Il 21 maggio prossimo è fissata la prima udienza alla Corte di Appello di Firenze Sezione lavoro. Entro il 30 aprile, il legale della famiglia ha preannunciato «un appello incidentale chiedendo che il giudice riconosca il diritto della piccola, al pari di altri minori che assisto in tutta Italia, ad essere sottoposta a prestazioni assistenziali in centri di altissima specializzazione esteri perchè non ottenibili nel nostro Paese e comunque non tempestivamente».
Due spunti e accapo Al di fuori delle aule di un tribunale, oltre qualsiasi giudizio di merito in termini legislativi o scientifici, risuonano le parole di un padre. «Bisogna lottare». Le parole che hanno l’eco lungo fino ad un orizzonte lontano, impercettibile e incomprensibile nella quotidianità di una vita, la nostra, spesso egoista, inconsapevole e superficiale. Un orizzonte che invece è ragione di vita per chi lotta per la vita altrui. Un orizzonte che è quel diritto alla speranza verso cui un padre, con la moglie e la piccola per mano, ha scelto di correre ad ogni costo. Ed una corsa che nessuno dovrebbe mai arrogarsi il diritto di fermare. Anche solo nel nome di un padre.