PISA – Le madri non più giovanissime possono tirare un sospiro di sollievo: l’età non sembra influire sulle mutazioni genetiche trasmesse ai figli tramite il DNA mitocondriale degli ovociti.
Tradotto: anche in gravidanze più tardive, il rischio di trasmettere mutazioni genetiche attraverso questa via non aumenta. Lo dimostra uno studio internazionale pubblicato su Science Advances, che ha coinvolto anche la Scuola Sant’Anna di Pisa, unico partner italiano della ricerca.
Lo studio è stato condotto insieme alle università di Linz (Austria) e Pennsylvania (USA), i cui “risultati sono sorprendenti: non solo le mutazioni nel DNA mitocondriale restano poche anche in età avanzata, ma ci sono segnali che il corpo le elimini attivamente”, spiega Barbara Arbeithuber, prima autrice dello studio.
I mitocondri, microscopiche “centrali energetiche” delle cellule, hanno un proprio DNA ereditato solo dalla madre. Finora si pensava che con il passare degli anni, anche questo DNA potesse accumulare errori, aumentando i rischi per il nascituro. Ma grazie a una tecnica di sequenziamento ultra-precisa — il cosiddetto Duplex Sequencing — i ricercatori sono riusciti a distinguere le reali mutazioni dagli artefatti tecnici, ottenendo un quadro molto più chiaro.
Il dato interessante è che, mentre in altri tessuti (come sangue e saliva) le mutazioni mitocondriali aumentano con l’età, negli ovociti non succede. Anzi: nelle regioni più “sensibili” del DNA mitocondriale, quelle con ruoli fondamentali per la cellula, le mutazioni sono ancora più rare. Come se il corpo mettesse una protezione extra proprio dove serve di più.
“In questo come in altri studi nell’ambito della genetica e della genomica, l’impiego di appropriati modelli e tecniche statistiche è fondamentale per estrarre informazione dai dati di sequenziamento” conclude Francesca Chiaromonte, professoressa di statistica dell’ateno pisano.
Insomma, grazie alla scienza, le mamme di oggi possono affrontare la maternità con qualche ansia in meno.