FIRENZE – “La notizia della morte di un giovane detenuto, avvenuta questa notte nel carcere di Sollicciano, riempie di dolore tutti coloro che hanno come valore primario il rispetto della vita delle persone e l’umanità del carcere.

Alla memoria di questo giovane va tutto il nostro pensiero, ed alla sua famiglia tutta la nostra vicinanza di uomini prima che di Istituzioni. A lui auguriamo di riposare con quella pace che probabilmente non ha avuto in vita. Noi attendiamo di conoscere le cause della morte”. Così il Garante dei detenuti della Toscana, Giuseppe Fanfani, appresa la notizia del detenuto trovato morto nella sua cella a Sollicciano.

“La sua morte – continua Fanfani – ripropone con durezza rutti i temi inevasi della condizione carceraria che già l’anno passato, con tre suicidi, erano balzati all’attenzione dell’opinione pubblica. In carcere non si muore per caso. Il carcere così come lo conosciamo noi è la precondizione per forme psichiatriche più o meno gravi che quasi sempre portano ad atti autolesionistici, l’anno passato solo a Sollicciano se ne sono contati 700, e spesso portano al suicidio”.

“Se nessuno resta insensibile alla morte di un detenuto, nessuno può esimersi dal denunciare con fermezza che il sistema carcerario quale attualmente è, salvo rare eccezioni, è indegno di un Paese civile”. “In carcere – prosegue il Garante – manca tutto ma soprattutto manca la prospettiva di una vita futura migliore di quella lasciata che non possono garantire da soli né la grande opera del volontariato, né piccoli interventi settoriali delle Istituzioni che rispetto alla dimensione del fenomeno sono piccolissima cosa”. Sollicciano non è da meno, perché accanto ai problemi del sistema carcerario italiano, assomma i difetti di una struttura inadeguata che ormai si pone fuori del tempo”.

Il sistema carcerario nel suo complesso, a detta di Fanfani, “avrebbe necessità di una visione umanistica ed antropocentrica che esaltasse il dettato costituzionale, avendo come unica prospettiva il recupero della dignità e umanità dei singoli. Forse in questo modo si eviterebbe qualche morto”.

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