Sono state 33 le misure cautelari, di cui 24 in carcere, 44 gli indagati per complessivi 219 capi di imputazioni e sequestri per quasi un milione di euro: questo è il bilancio dell’operazione ‘Oro Forte’, coordinata dalla Procura di Lucca ed eseguita dalla Polizia e dalla Guardia di Finanza che ha smantellato due associazioni a delinquere.
Dalle prime ore di questa mattina sono scattate le perquisizioni: oltre 40 in diverse province del centro Italia che hanno visto impegnati gli investigatori delle Squadre Mobili di Arezzo, Massa, Pisa e Firenze, oltre ai Commissariati di Carrara, Empoli e Sarzana, coordinati dalla Questura di Lucca. L’intensa attività investigativa ha portato al sequestro preventivo di una gioielleria ‘compro-oro’ di Viareggio, mentre sono ancora in corso in queste ore il sequestro di numerosi conti correnti bancari, effettuati dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Lucca.

Le associazioni a delinquere La Polizia, nel corso delle indagini, ha individuato due associazioni a delinquere connesse tra loro. La prima è risultata essere composta da giovani albanesi che di ‘mestiere’ rubavano in appartamento: a loro sono stati attribuiti numerosi furti nelle province di Lucca, Massa e La Spezia. Successivamente si occupavano anche della ricettazione di oro e gioielli portati via. Caratteristica peculiare di questi ladri è che colpivano di notte, senza curarsi della presenza dei proprietari delle abitazioni, tutti i giorni della settimana eccetto la domenica. L’indagine è partita dal Commissariato di Forte dei Marmi che è riuscito a ricostruire e a riportare a questa banda ben 89 furti, il primo dei quali risale al 2015. I malviventi, duranti i furti, cercavano i monili in oro, poiché avevano parto un canale privilegiato per la monetizzazione rapida di questi oggetti con due ‘compro-oro’ della Versilia, ambedue riconducibili alla famiglia Fiorentino, che da anni vive a Massarosa. Procedendo con le indagini, è emersa una seconda – e molto più articolata – associazione a delinquere, questa volta dedita alla ricettazione e al riciclaggio di chili e chili d’oro, provento di furto. La Squadra mobile lucchese, diretta da Silvia Cascino, ha stimato che il volume di affari va oltre i 550mila euro in soli 9 mesi di indagine. A capo di questo secondo sodalizio, una famiglia formata da un napoletano di 55 anni, la moglie e i due figli uno con un diploma da orafo e titolare della licenza di un ‘compro-oro’ a Viareggio, che nella sua attività prevalentemente di ricettazione era coadiuvato dal delegato 50enne di Massa. Il secondo figlio, con le stesse modalità del primo, gestiva un secondo ‘compro-oro’ a Pietrasanta.

La fonderia illegale I gioielli non potevano essere immessi nel mercato con la stessa fattura, in quanto sarebbero stati facilmente riconoscibili dai proprietari derubati. Consapevoli di questo, la famiglia avevano trovato il modo di aggirare l’ostacolo: nella stalla della propria abitazione a Massarosa il 55enne aveva allestito una vera e propria fonderia. Una volta presi i gioielli, quindi, questi venivano sezionati, schiacciati e la parte in oro fusa in lingotti artigianali, in modo da poter rivendere il tutto senza grandi problemi. Per non destare sospetti e garantire un minimo di fatturato alle due attività, inoltre, le due famiglie coinvolte annotavano solo una parte dei monili in oro acquistati da sinti e rom sull’apposito registro. Quelli che venivano registrati erano i gioielli più anonimi, quelli che più difficilmente sarebbero stati riconducibili a un furto, ed erano registrati come se fossero stati acquisiti da clienti realmente esistenti, con i quali in passato avevano avuto a che fare e dei quali conservavano i documenti, sebbene questi fossero ignari di quello che accadeva alle loro spalle. In altri casi, invece, si avvalevano di conoscenti compiacenti, a carico dei quali registravano cospicui quantitativi di oro, provento di furto, che pagavano – ovviamente in maniera fittizia – con assegni tratti sul conto corrente del negozio. Il cliente compiacente, una volta incassato l’assegno, restituiva  il denaro ‘ripulito’, in cambio di compenso. Dopo un controllo della Polizia effettuato a novembre 2017, iniziarono a trascrivere i nomi dei sinti e dei rom che portavano la refurtiva in negozio, ma la merce che veniva attribuita loro non era quella che realmente portavano , bensì erano monili custoditi lecitamente in negozio.

La strada per Arezzo La Polizia ha seguito il denaro ripulito passo dopo passo, fino ad arrivare ad Arezzo. Qua, gli investigatori della Mobile e del Commissariato di Forte dei Marmi sono approdati a una fonderia e un ‘compro-oro’ i cui titolari erano in contatto con la famiglia di Massarosa che portavano loro i ‘lingotti artigianali’ fusi nella stalla. I due aretini acquistavano i lingotti e lo pagavano in contanti. Poi avviavano un nuovo processo di fusione e lo ‘pulivano’ attraverso una fonderia della città. In carcere per furti, concorso nei reati di ricettazione riciclaggio di monili in oro, provento di attività delittuosa anche 3 albanesi, 3 rumeni, 11 sinti e un italiano, residenti nelle province di Lucca, Massa, Pisa e Firenze. Altri indagati per ricettazione sono stati sottoposti al divieto od obbligo di dimora e all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Gli accertamenti finanziari Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Lucca, lavorando in stretta sinergia con la Polizia di Stato, ha effettuato indagini a tappeto di carattere patrimoniale e finanziario. Incrociando i propri accertamenti con le risultanze delle attività investigative ha ricostruito, anche attraverso l’esame dei rispettivi rapporti finanziari, il profilo economico e patrimoniale dei 44 indagati. In tal modo, è stato possibile pervenire al sequestro preventivo della principale “gioielleria-compro oro” indagata, di un appartamento intestato ad un compiacente “prestanome” e di numerose attività finanziarie, il cui valore è tuttora in fase di quantificazione.

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