Al momento in cui scriviamo la candidatura di Luca Furiozzi è incerta. Il Movimento 5 Stelle non ha ancora sciolto le riserve: «La certificazione non è ancora arrivata», ci dice al telefono. Gli chiediamo a chi spetta concedere questa opportunità all’architetto senese, a chi ci dobbiamo rivolgere. Furiozzi ci suggerisce di chiedere al capogruppo in Regione dei Cinquestelle Giacomo Giannarelli. Il Movimento a Siena vive una sorta di stato di agitazione. Un disorientamento che trova giustificazione nella candidatura blindata alle politiche del 4 marzo di Salvatore Caiata in Lucania, terra d’origine dell’ex giovane studente fuori sede, poi ristoratore, poi presidente della squadra di calcio del Potenza. Sembrerebbe che questo sia un boccone amaro per i duri e puri del grido “onestà onestà onestà”. Furiozzi è il nome attorno al quale la comunità pentastellata senese si è stretta per marcare la propria lotta per il Comune. Ma a quanto pare la possibilità di presentarsi ai propri elettori non dipende dai 5Stelle senesi, ma da quelli fiorentini.

La sua candidatura nasce da una riunione e non da una consultazione di base partecipativa. Probabilmente il Movimento a Siena aveva bisogno di puntare su uno storico attivista qual è Lei per poter consolidare la vostra dimensione locale?

«La premessa alla domanda non è corretta. Il M5S di Siena ha pubblicato a fine anno un invito aperto a tutti i cittadini che volessero proporsi sindaco, consigliere, assessore o consulente. Dopo aver recepito le manifestazioni di disponibilità abbiamo proceduto ad una votazione fra i tre candidati a sindaco, con tanto di seggio e scrutinio, dal quale è uscito il nome del sottoscritto. Come gruppo senese, abbiamo ancora una volta dato una lezione di democrazia».

La fase che ha condotto i Cinquestelle alle comunali è stata molto travagliata. Sembrava quasi  che eravate convinti a non presentare nessuno in polemica con i vertici nazionali. Ci può spiegare cosa è successo?

«Non abbiamo mai pensato di non presentarci, tutt’altro. Anzi, eravamo e siamo tutt’ora convinti che il M5S potrebbe avere ottime probabilità di arrivare al ballottaggio. Semplicemente ci siamo trovati nell’obbligo di difendere l’onorabilità del Movimento in occasione della candidatura di Caiata e l’abbiamo fatto, forse con accenti eccessivamente polemici. Da lì qualche incomprensione di troppo, ma sono cose normali o dovrebbero esserlo nella dialettica politica all’interno di comunità complesse e numerose come il M5S».

Il Movimento è aperto a tutte le esperienze sia politiche che professionali, abbraccia l’universo variegato della nostra struttura sociale riuscendo ad essere inclusivo anche di quanti un lavoro per vari motivi non ce l’hanno. Per lei che viene dal mondo del lavoro come potrebbe mai funzionare un assessorato o un progetto affidato a chi non ha alcuna esperienza ?

«Nessuno ha mai parlato nel M5S di affidare incarichi importanti come quelli citati a persone non qualificate: nessuno di noi l’ha mai detto e nessuno l’ha mai fatto, a quanto mi risulta».

Siena è una città che soffrirà ancora o i tempi sono maturi per uscire dal tunnel in cui sembra essere entrata? Quale modello di città proponete?

«Una città democratica (davvero) aperta (davvero) inclusiva (davvero). Una città fatta di cittadini informati e partecipi: una città fatta di sovrani e non di sudditi. Come è quella dipinta nel Buongoverno».

Perché Siena in questi anni sembra non riuscire a cambiare rotta? Colpa del conservatorismo che pesa sulla città come una cappa? O della spasmodica ricerca di un progresso che pare senza indirizzo?

«Diciamolo chiaramente: colpa del controllo del territorio da parte del PD che ha bene o male “gestito” il consenso di molti senesi, nei mille modi che tutti conosciamo, principalmente con la promessa del posto di lavoro. Ma senza la finta opposizione del cosiddetto centrodestra non sarebbero mai arrivati a tanta perfezione».

Il fuoco che mantenete acceso sulla morte di David Rossi per voi sembra quasi rispondere ad un bisogno identitario, un elemento aggregativo del vostro gruppo. Secondo lei risalire la china della verità sull’omicidio Rossi potrà anche portare a conoscere dinamiche finanziarie del Monte che fino ad oggi sono rimaste in ombra, o la verità su Rossi sarebbe stata insabbiata solo per coprire i “festini”?

«Nessun fatto identitario, semplicemente una questione di giustizia: non ci piace che quattro sicari possano andare impunemente in giro ad ammazzare la gente nella nostra città. Inoltre fare  luce sulla morte di Rossi vuol dire per noi far venire fuori le dinamiche che hanno portato all’azzeramento della Banca, e magari riuscire a riportare a casa qualcosa dell’immenso patrimonio di cui siamo stati alleggeriti. In tal senso, tanto di cappello al lavoro dell’Avv. Falaschi. I festini, a mio parere, sembrano il classico depistaggio».

Le sorti di Siena sono state storicamente legate alla Monte dei Paschi. Oggi che la banca vive il declino come può la città smarcarsi dall’aspirale negativo in cui rischia di essere risucchiata, e ritrovare slancio?

«Mandando a casa gli autori del disastro e ripartendo con persone, forze e idee nuove. Senza un fortissimo ricambio dei gruppi dirigenti ogni slancio sarà velleitario. La città ha le risorse umane e materiali per risollevarsi, ne siamo certi: deve solo scrollarsi di dosso il regime. La “peste rossa” si cura con una semplice X sulla scheda elettorale».

Soffre di più il centro storico o la periferia.

«In maniera diversa, entrambi. Il centro per li degrado causato dalla mancanza di residenti, la periferia per situazioni di degrado inaccettabili per una città che per ani ha goduto di elargizioni milionarie. Ma è un discorso complesso, incomprimibile in una breve intervista».

La città e il suo territorio.

«Anche in questo caso è un discorso complesso, incomprimibile in una breve intervista. Noi crediamo nell’opportunità del nuovo Piano Regolatore (che ora sia chiama Piano Operativo) a patto che ne vengano completamente riveduti gli indirizzi e le motivazioni. E’ essenziale ripartire dai grandi edifici vuoti e dalle aree inutilizzate, è un immenso giacimento di occasioni perdute che potrebbero diventare la nostra nuova ricchezza. A patto che siano altri amministratori a maneggiarla, s’intende».

Quali sono le istanze su cui puntare.

«Dirlo in poche righe è frustrante. I punti fondamentali sono cinque: democrazia trasparenza e meritocrazia; ristrutturazione della Fondazione Mps; sicurezza, innovazione e salute; urbanistica mobilità e turismo; acqua pubblica e gestione rifiuti».

Che progetti avete per la città? Come il Cinquestelle può (da solo) risollevare il cammino dei senesi?

«Il M5S non può da solo compiere questo compito, può indicarne le linee di sviluppo, ma è necessario coinvolgere la parte sana della città, quella che magari è stata esclusa nel periodo più buio del regime. Il nostro slogan è sovrani, non sudditi».

Per lei cos’è il Buon Governo? Buon Governo e Movimento sono compatibili?

«Se penso al gruppo di Siena, a come ha lavorato per la città in questi 11 anni, in un contesto difficile e corrosivo, posso affermare che non solo sono compatibili, sono la stessa cosa».

 

 

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