PISA – “Una moria silenziosa ma costante, che rischia di cancellare l’identità commerciale e sociale dei nostri centri urbani”. Lancia l’allarme rosso Federico Pieragnoli, direttore di Confcommercio Provincia di Pisa, commentando i dati del rapporto Confcommercio – Censis sulla crisi del commercio al dettaglio.
Secondo l’indagine, sempre più negozi stanno irrimediabilmente abbassando le saracinesche. I numeri lo confermano: oltre 13.500 imprese hanno chiuso in Toscana nel 2024, con un saldo negativo di oltre 6.200 attività. Solo nel primo trimestre del 2025, si sono registrate altre 1.500 chiusure. Una crisi acuita dalla concorrenza dello shopping online, dall’aumento dei costi di gestione, da una burocrazia considerata opprimente e da un generale calo dei consumi.
“Il commercio al dettaglio è colpito da un’emorragia costante che rischia di prosciugare la linfa vitale delle nostre città e dei nostri borghi – le parole del direttore Federico Pieragnoli -. Non riesco neanche a immaginare un centro storico come quello di Pisa, da Borgo Stretto a Corso Italia, trasformato in un deserto di vetrine vuote e serrande abbassate. Sarebbe la fine del modello di città viva e attrattiva che abbiamo conosciuto finora”.
Secondo Confcommercio Pisa, la crisi del commercio non è solo un tema economico, ma un fenomeno con ripercussioni sociali profonde: l’assenza di attività commerciali aumenta il degrado urbano, riduce la sicurezza percepita e peggiora la qualità della vita quotidiana.
“Le famiglie devono spostarsi per chilometri per accedere a servizi essenziali, mentre i pochi residenti rimasti si sentono sempre più isolati”, aggiunge Pieragnoli.
Grave anche l’impatto sull’occupazione locale: “Ogni chiusura si traduce in una perdita di posti di lavoro per commessi, artigiani, fornitori e operatori. La disoccupazione non è un numero, ma il dramma di famiglie intere che perdono reddito e dignità”.
Pieragnoli evidenzia inoltre il rischio di un progressivo spopolamento dei centri storici e di una fuga di giovani e competenze: “Le nuove generazioni, prive di opportunità, cercano fortuna altrove. Senza stimoli, le nostre città invecchiano, perdendo vitalità e futuro”.
Da qui la richiesta di un intervento straordinario. “Occorre una legge d’emergenza per il commercio – continua il direttore – che preveda incentivi fiscali, semplificazioni burocratiche, fondi per innovazione e digitalizzazione, formazione professionale e progetti di rigenerazione urbana. Serve anche una regolamentazione più equa del commercio online e una valorizzazione del negozio come presidio sociale e culturale”.
“Non c’è più tempo da perdere – conclude –. La sopravvivenza del commercio tradizionale non è una battaglia corporativa, ma una questione di civiltà urbana e coesione sociale”.