Chissà se Dante e Cecco Angiolieri avrebbero mai immaginato di trovarsi a confronto, dopo molti secoli, non sulla virtù poetica ma sulla capacità terapeutica dei loro versi. È quello che è accaduto al policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena, in una nuova sperimentazione di comunicazione sensoriale sulle bambine con sindrome di Rett e autismo, seguita dai dottori Joussef Hayek, direttore dell’U.O.C. Neuropsichiatria infantile, e Claudio De Felice, neonatologo.


Cosa provano le giovani pazienti? – “Prima delle bambine io penserei ai genitori – spiega il professore Hayek -, perché finalmente vedono qualcuno che si interessa delle loro figlie. Questo sì che è importante perché il paziente è importante ma la famiglia lo è ancora di più, visto che spesso, sono proprio loro ad essere isolati”.


Cos’è stato scoperto a livello scientifico? – “Queste bimbe obbediscono ad un assioma della comunicazione – sottolinea il dottor Claudio De Felice -, cioè che non esiste la possibilità di non comunicare. Queste bambine comunicano proprio come noi e l’arte comunica con loro. Nell’ultimo esperimento che abbiamo fatto su oltre 40 pazienti, abbiamo notato che la poesia, in termini di parola che si fa suono, può comunicare delle fortissime emozioni. E questo è stato rilevato attraverso il pulsolsimetro che ci indicava la presenza di due emoglobine non ossigenate, la carbossi e la metenoglobina, che sappiamo essere presenti nelle grandissime emozioni”.


Siena

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