Il giorno 2 ottobre potrebbe essere ricordato come il primo giorno della fine per la Provincia di Siena. Dal 2013, infatti, appare ormai certo l’accorpamento con Grosseto. E, salvo sorprese e “raccomandazioni” (il Governo viene invitato a riconsiderare l’aggregazione Siena-Grosseto), a fare da capoluogo sarà la città maremmana. Totalmente insoddisfatto il presidente della Provincia di Siena, Simone Bezzini, che, insieme ai sindaci di San Quirico d’Orcia, Roberto Rappuoli, di Montalcino, Silvio Franceschelli, e Chianciano Terme, Gabriella Ferranti, non ha partecipato al voto in quanto «non sono state accolte le istanze del territorio senese». Quasi euforico invece l’omologo grossetano, Leonardo Marras, che si è lasciato addirittura scappare la frase «con Siena siamo la provincia più grande e bella d’Italia», quasi a festeggiare il risultato.

Bezzini sull'Aventino Dopo aver chiesto una deroga per Siena e aver proposto alla Regione Toscana di presentare ricorso di fronte alla Corte Costituzionale, Bezzini si è trovato isolato nel contesto regionale e costretto ad un forzoso Aventino. Una posizione non facile, dunque, la sua. Tornato a Siena dovrà poi anche fare i conti con il futuro del territorio senese una volta orfano dell’istituzione da lui rappresentata. In particolare salta agli occhi di tutti il ruolo svolto dalla Provincia di Siena in questi anni riguardo alla Fondazione Monte dei Paschi e alla gestione degli utili della stessa.

Alcune domande sul futuro della Fondazione Che succederà, infatti, a luglio del prossimo anno quando i vertici di Palazzo Sansedoni saranno rinnovati e rinominati sia la Deputazione Generale che quella Amministratrice? Chi gestirà quel passaggio chiave per i prossimi anni? I curricula saranno decisi a Siena oppure dovranno essere condivisi con Grosseto? Per dirimere la questione c’è in gioco il nuovo Statuto della Fondazione che viene studiato.

Lo stop di Vigni al nuovo Statuto In questo contesto è intervenuto appena qualche giorno fa Simone Vigni, responsabile organizzativo del Pd senese, sostenendo che il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, non avrebbe «la legittimità per modificare lo statuto della Fondazione» e parlando di «tentazioni golpiste che vorrebbero ridurre il peso degli enti locali e soprattutto del Comune di Siena per staccare la Fondazione dalla città» (leggi). In pratica uno stop netto che vedremo nei prossimi giorni in cosa si tradurrrà.

Mozione all'unanimità in Provincia Intanto, la Commissione Affari generali della Provincia di Siena, nel giorno in cui il presidente Bezzini era a Firenze, ha approvato all’unanimità di tutte le forze politiche presenti (Idv, Lega Nord, Pd, Pdl, Udc) un documento che farà senz’altro discutere. Una novità interessante visto che qualche settimana fa in Consiglio provinciale la maggioranza aveva addirittura abbandonato l'aula in polemica contro una mozione sulla Banca presentata dalla'opposizione. Ieri, invece, i consiglieri provinciali sono entrati nel merito della prossima assemblea dei soci di Banca Mps e di quella richiesta di maggiori deleghe in capo al Presidente che tanto ha fatto discutere nei giorni scorsi (leggi).

«Fondazione resti azionista di riferimento» «Le decisioni che la Fondazione sarà chiamata ad adottare in ordine alle delibere che verranno sottoposte all’Assemblea degli azionisti della Banca MPS del prossimo 9 ottobre, di fondamentale importanza per il futuro della stessa Fondazione, siano coerenti con i principi statutari della Stessa e con gli indirizzi vincolanti espressi dalla Deputazione Amministratrice, purtroppo in passato disattesi, nello specifico salvaguardando il ruolo di azionista di riferimento della Banca Monte dei Paschi di Siena», è la premessa.

«Rischio di provare Fondazione del suo ruolo» «Il secondo punto all’odg dell’assemblea del 9 ottobre offre elementi di riflessione e grave preoccupazione: la richiesta di delega al CdA della Banca per decidere autonomamente in materia di dismissione di rami aziendali, la fusione e l’incorporazione di società e modifiche, peraltro non secondarie quali i poteri di proposta di nomina di dirigenti e il loro stato giuridico ed economico, materia già adeguatamente presidiata con le competenze delegate all’Amministratore Delegato. Il tutto giustificato ‘a fini di un contenimento dei costi e di maggiore efficienza operativa’: certamente la cessione di attività svolte da rami di azienda, con i relativi dipendenti, ad altri soggetti potrebbe anche portare ad una riduzione dei costi, ma priverebbe la Fondazione della possibilità di una preventiva attività di analisi e controllo e non può certo quindi costituire salvaguardia del territorio e conseguente sostegno alla sua economia».

Mantenere il legame banca- territorio «Le note e disastrose vicende di questi ultimi anni – prosegue il documento – hanno portato la Fondazione a cedere una consistente quota del pacchetto azionario della Banza MPS, rimanendo comunque il socio di maggioranza relativa. Non entriamo, in questa sede, nel merito squisitamente tecnico del nuovo Piano Industriale presentato che pur ci preoccupa per le ricadute in termine di contrazione degli organici del personale e di cessione di settori di attività, di tutto rilievo per l’impatto sul nostro territorio. Ancor più ci preoccupano le decisioni che la Fondazione è chiamata ad assumere in relazione alle proposte che i nuovi amministratori della Banca presentano all’Assemblea degli azionisti del prossimo 9 ottobre. Il Comune e la Provincia di Siena, quali Enti nominanti la maggioranza dei componenti la Deputazione Generale della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, hanno ribadito in ogni occasione l’indissolubile legame della Banca Monte dei Paschi di Siena al territorio senese ed alla sua comunità. La stessa Deputazione Generale, all’unanimità, ha ripetutamente fornito questo fondamentale indirizzo, chiaramente espresso nei vari documenti programmatici e negli annuali rendiconti sull’attività svolta. Tali principi hanno fatto perno, per anni, sul controllo della Banca conferitaria».

I Sindacati invitano Mancini a votare no Una posizione, quella assunta all'unanimità dalla Commissione affari generali della Provincia che combacia nei contenuti con le dichiarazioni dei sindacati dei bancari (leggi) che, sempre ieri scrivevano: «Per Gabriello Mancini, questo è il momento delle scelte coraggiose, è l’ultima occasione che gli resta per far valere il peso della Fondazione opponendosi al progetto ben chiaro di Profumo e votando no alle modifiche da lui proposte».

Senza una presenza politica al Comune di Siena, le prossime scelte ricadono dunque in testa agli unici due esponenti della politica senese ancora ai loro posti, Bezzini in Provincia e Mancini in Fondazione. Pende su di loro la spada di Damocle delle sorti della città e delle terre di Siena un tempo celebrate a sistema. Forse hanno ancora qualche arma per salvare il salvabile, altrimenti rischiano di passare alla storia come i protagonisti della fine della Repubblica "isolata" di Siena.

Articolo precedenteLa Toscana produce meno rifiuti e differenzia. Obiettivo quota 50%
Articolo successivoRiordino Province tra incostituzionalità e competenze sottratte ai Comuni