Tempi duri per il giornalismo italiano stretto al bivio tra la decisione del mantenimento e salvaguardia di una delle sue principali caratteristiche, quella del pubblicismo e l’esigenza di far transitare, invece, i tanti pubblicisti che questa professione svolgono come loro attività principale, tra i professionisti.

I Decreti del Governo Una scelta difficile da compiere proprio in un momento storico in cui a suon di Decreti governativi quello di “Ferragosto”, prima e il “Salva Italia” poi, si è parlato di riforma delle professioni, senza peraltro fornire indicazioni se non quella di un generico adeguamento, tramite lo strumento dell’autoriforma, entro il prossimo mese di agosto. Viceversa gli oltre 80mila pubblicisti italiani su 110mila iscritti si vedrebbero seriamente messi in discussione nel loro ruolo. La palla così, in questo inverno sempre più caldo, rimane in mano al Consiglio Nazionale che proprio nel novembre scorso ha creato un gruppo di lavoro per monitorare gli sviluppi ed essere interlocutore del ministero di Grazia e Giustizia.

Un documento dell’ODG Toscana In questo quadro non proprio dei più chiari e rosei oggi a rompere gli indugi è stato l’Ordine dei giornalisti della Toscana – 4008 pubblicisti su un totale di 5691 iscritti – che ha diffuso un documento in cui si ribadisce come vi sia «molta inquietudine tra tanti colleghi, iscritti nell’elenco pubblicisti, sugli effetti delle decisioni assunte prima dal governo Berlusconi e successivamente dal governo Monti. L’inquietudine è giustificata, e purtroppo regna in un clima di grandissima incertezza». Un’incertezza, quindi, che rende difficile capire come la situazione potrà evolversi anche se «ai nostri organismi nazionali – prosegue il documento – chiediamo in tempi rapidi un autorevole intervento chiarificatore». Al momento, infatti, una delle poche certezze riguarderebbe, l’individuazione del superamento di una prova professionale, come quella che attualmente sostengono i praticanti per accedere all’elenco dei professionisti, quale requisito fondamentale  per appartenere ad un Ordine  professionale. Ma niente viene detto in merito alle norme transitorie che, inevitabilmente, dovranno governare questa fase di passaggio. «Come fare allora a garantire la permanenza delle peculiarità del pubblicismo, che sono una caratteristica del giornalismo italiano e che l’Ordine dei giornalisti della Toscana chiede che venga salvaguardata e valorizzata? Come far transitare i tanti pubblicisti, che questa professione la svolgono come attività principale ed esclusiva, tra i professionisti?» si chiedono all’Ordine della Toscana.

Il tentativo del 2008 Del resto come non ricordare che l’Ordine dei Giornalisti già nel 2008 votò all’unanimità una proposta di riforma dell’Ordine che teneva in gran considerazione il ruolo del pubblicismo ma che tendeva anche a valorizzare e modernizzare l’accesso per chi voleva fare questa professione a tempo pieno. Una riforma che non è mai stata presa in considerazione né dai governi che si sono succeduti né dal Parlamento.

Niente catastrofismi Il documento prosegue con un richiamo all’unità di intenti e al senso di responsabilità. «Potete immaginare che di fronte abbiamo mille problemi che in questo momento non siamo in grado di valutare né di sviluppare, ma riteniamo che sia inopportuno azzardare previsioni catastrofiste e che, al contrario, serva un’iniziativa comune per riuscire a modernizzare il nostro Ordine, a cui i due decreti affidano nuovi importanti compiti in materia di formazione e di aggiornamento».

I dubbi della riforma Un’ultima stoccata il documento la riserva alle scelte delle liberalizzazioni, «permetteteci di esternare un sospetto che aleggia da qualche tempo. E cioè che  al governo non interessi liberalizzare il mercato del lavoro abolendo Ordini professionali come il nostro che non hanno alcun strumento per influire su tale mercato, non avendo più neppure un tariffario minimo e rappresentando una professione divisa tra attività di lavoro dipendente e professione autonoma.  Il sospetto è che il reale interesse del governo abbia per oggetto il patrimonio che tutti gli Ordini e le relative casse di previdenza (risorse, beni immobili)  hanno da parte. Un sospetto malizioso che si ha, ad esempio, quando si ascolta la ministra Fornero parlare dell’Inpgi e degli altri istituti di previdenza autonomi che godono di ottima salute». Di questi e di molte altre questioni si parlerà a  metà gennaio quando l’Ordine dei giornalisti della Toscana e l’Associazione della Stampa Toscana organizzeranno un’iniziativa pubblica proprio su questi temi.

Articolo precedenteIl Palazzo Pubblico di Siena si svela in un libro
Articolo successivoL’anno che sarà. «Caro toscano ti scrivo»