FIRENZE – La Toscana, prima regione italiana ad aver approvato una legge regionale sul suicidio medicalmente assistito, torna al centro del dibattito nazionale sul fine vita.
Con la sentenza n. 132 depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile l’intervento di terze persone per somministrare il farmaco destinato a porre fine alla vita di un paziente che, pur essendo in possesso di tutti i requisiti per accedere al suicidio assistito, risulta fisicamente impossibilitato ad autosomministrarsi il farmaco.
Il caso dalla Toscana
La vicenda trae origine dalla richiesta di una donna residente in Toscana, completamente paralizzata a causa di una patologia irreversibile. Nonostante l’Azienda sanitaria di riferimento avesse riconosciuto che la paziente possedeva ogni criterio fissato di una sentenza del 2019, la donna ha dovuto ricorrere al tribunale di Firenze. Il motivo: la progressione della malattia le impedisce qualsiasi forma di autosomministrazione del farmaco letale.
Il ricorso urgente, sostenuto dall’Associazione Luca Coscioni, chiedeva di garantire il diritto all’autodeterminazione anche qualora vi sia la necessità di un intervento materiale da parte di un medico o fiduciario affinché il farmaco venga somministrato, sollevando così la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente) in riferimento agli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione.
La decisione della Corte costituzionale
La Corte, richiamando quanto già stabilito nelle pronunce precedenti, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità. Nessuna deroga, dunque, è concessa: resta precluso a terze persone – anche in presenza di tutti i requisiti – il compimento materiale dell’atto finale, rimandando così al legislatore ogni eventuale intervento normativo sul punto.
Questa posizione, sottolinea la Consulta, nasce dalla necessità di un bilanciamento tra il diritto all’autodeterminazione della persona e il dovere di tutela della vita umana: solo il paziente può autosomministrarsi il farmaco, nel rispetto di rigorose procedure istituzionali.
Il nodo dell’autodeterminazione resta aperto
L’esclusione dalla possibilità di ricevere aiuto diretto nella somministrazione rischia, secondo molti osservatori, di negare il diritto all’autodeterminazione proprio alle persone più fragili e gravemente colpite dalla malattia, che paradossalmente si vedono negate le garanzie riconosciute dalla giurisprudenza a chi è “meno malato” e comunque in grado di agire autonomamente.