taglio nastro Careggi (foto d'archivio)
foto d'archivio

Ogni volta che chiude un punto nascita, depotenziano un servizio sanitario, tagliano un reparto, la politica parla di “razionalizzazione”. Da tanto tempo ci raccontano che viviamo un momento di difficoltà economica e il solo pensiero, che nonostante tutto ci si riesca a barcamenare in questo marasma, dovrebbe farci sentire comunque dei privilegiati. Perché il sistema sanitario pubblico resiste, resta comunque in piedi e la politica, lungi dall’affossarlo o dal consegnarlo al privato come si ostinano a ripetere da anni i cosiddetti “gufi”, investe. Prova ne è che non si tagliano solo servizi, ma anche nastri, i nastri inaugurali!

Da tanto tempo, infatti, la politica sanitaria nella nostra regione e non solo non investe in risorse umane, che poi sono proprio quelle che il sistema lo reggerebbero e ne eviterebbero l’implosione. No. Investe in tecnologie. Magari viene deciso di chiudere reparti come quelli di chirurgia o ortopedia nel fine settimana, come è successo all’ospedale di Volterra, o di garantire un paio di sedute dell’Emodinamica come è successo a Pescia, ma non si rinuncia ad inaugurare apparecchiature di ultima generazione.

Solo pochi giorni fa è stato inaugurato, all’ospedale SS Cosma e Damiano di Pescia, alla presenza di autorità politiche, istituzionali e religiose un nuovo angiografo digitale di ultima generazione che permette di effettuare importanti procedure diagnostiche ed interventistiche. Costo complessivo dell’investimento: 800mila euro. Ma l’apparecchiatura non funzionarà a pieno regime, vale a dire tutti i giorni. Perché? Perché l’equipe che lo fa funzionare dovrà dividersi tra il presidio pesciatino e quello pistoiese. Nei giorni centrali del mese di agosto i pratesi hanno assistito alla chiusura di 99 posti letto. Perchè? Perché il piano delle chiusure è strettamente legato alle politiche del personale: si chiude perché altrimenti i lavoratori non possono andare in ferie.

Negli ultimi due anni il personale sanitario è stato tagliato anche attraverso il ricorso ai prepensionamenti (grazie alle leggi pre-Fornero in materia). La cronicità delle carenze d’organico in Sanità si ripercuote sui servizi e sulla salute dei cittadini. Tagliare un servizo, infatti, vuol dire generare inefficienze e in ultimo ledere il diritto alla salute dei cittadini, che se non trovano una risposta nel pubblico hanno solo due chance: rivolgersi al privato o rinunciare alle cure.

I tagli hanno riguardato anche l’emergenza urgenza. Lo scorso giugno, Nicola Marini, responsabile nazionale 118 del sindacato dei Medici Italiani, è intervenuto sulla proposta elaborata dal responsabile Dipartimento Emergenza Urgenza della Azienda SudEst Toscana, che prevedeva il taglio di 34 medici d’emergenza a Grosseto, Siena, Arezzo, Isola d’Elba. La Regione è arrivata a chiamare ‘razionalizzazione’ persino quella che appare a tutti un’autentica demolizione del sistema di emergenza. Contro questa proposta hanno preso posizione, con dichiarazione alla Commissione Paritetica Emergenza-Urgenza Usl Toscana Sud-Est, le sigle sindacali riunite in Intersindacale Medica Area Emergenza Urgenza di Smi, Anaao Assomed, Fp Cgil Medici, Cimo e Fvm. Si tratta, anzitutto, di una privazione della sicurezza e del conforto di un soccorso medico avanzato a residenti e turisti di quelle zone.

Come da anni ripetono i comitati sorti in difesa del diritto alla Salute così viene drasticamente abbassato il livello di assistenza alla popolazione. La Regione ha fatto i conti persino su un servizio, l’emergenza, che scatta in situazioni drammatiche per la vita e per la salute delle persone, quando tutti i maggiori esperti in materia di razionalizzazione delle grosse organizzazioni sono concordi nel ritenere che il risparmio andrebbe fatto in altri settori, eliminando disfunzioni e sprechi.

Risparmiare soldi, non salvaguardare il servizio, quando poi i soldi vengono spesi altrove, dietro sontuosi tagli di nastri. Questo causa come effetto l’aumento dei ricoveri impropri nei Pronti Soccorso, la dilatazione dei tempi di attesa negli stessi nonché una migrazione verso il settore privato (per chi può permetterselo, ovviamente). Questo è il tanto vantato diritto alla salute del ‘modello toscano’?

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