MARINA DI PIETRASANTA – La prima volta che Tony Hadley si esibisce in Versilia è il 21 febbraio 1985. É un giovedì. Sono sold out i biglietti per il concerto del tour mondiale degli Spandau Ballet a Bussoladomani, Lido di Camaiore, anche se il settimanale-bibbia della musica, TV Sorrisi e Canzoni, scrive Viareggio.
Il colpaccio è di Sergio Bernardini, il “bottegaio” (mai promoter) dello spettacolo, fiuto intatto come ai tempi delle serate con Louis Armstrong o del lancio di Mina e Celentano: si accaparra la band inglese che duella a colpi di singoli e LP con i Duran Duran.
Due anni dopo, il 14 luglio 1987, Tony Hadley torna a Viareggio, allo stadio dei Pini, sempre con gli Spandau Ballet. Mezzo mondo impazzisce per questa band e per il suo frontman: Tony spesso veste di bianco, porta cinture che strizzano la vita, e con lo sguardo liquido da crooner di fine secolo, seduce (a distanza) migliaia di ragazze assiepate sotto il palco, accampate attorno al suo hotel o imbambolate davanti ai suoi poster.
Il 27 agosto 2025, dopo 40 anni, l’artista, invece, sarà al teatro della Versiliana di Marina di Pietrasanta per il concerto del tour mondiale “Tony Hadley 45”: un viaggio fra musica, luoghi, persone insieme alla Th band per festeggiare i suoi 45 anni di carriera, fra grandi successi degli Spandau, cover e pezzi dai suoi album da solista. E già: con uno schiocco di dita – just like that – Hadley si catapulta da ventenne sex symbol mondiale, front man di uno dei gruppi pop-swing più conosciuti al mondo, a leader di un nuovo gruppo di ottimi musicisti, con qualche ruga e molta esperienza in più.
Oggi ha 65 anni, 5 figli, un nipote e la band originaria in meno: gli Spandau Ballet sono archiviati (otto anni di reunion compresi). In Versilia in questi decenni Tony Hadley c’è stato più volte, da solo, con la Th band o con il vecchio gruppo: una volta (nel 2013) è venuto con gli Spandau perfino in uno stabilimento balneare, a esibirsi come regalo di un imprenditore ai propri dipendenti.
Nel tempo è cambiato, Tony Hadley ma quello che non muta è la passione per la musica. La voglia di divertirsi sul palco, di non abbandonare i tour. E di trasmettere un messaggio ai più giovani: non smettere mai di sognare. Lui non lo fa. E mentre si prepara al concerto del 27 agosto in Versiliana, annuncia che è già al lavoro per un nuovo album “che mi piace tantissimo”.
Mr: Hadley, quale era il suo sogno da bambino? Insomma che cosa sognava di diventare? Già pensava di fare il musicista?
“Da bambino sognavo di fare il chirurgo, ma dentro di me c’era sempre la musica. Cantavo ovunque, appena se ne presentava l’occasione, e forse già allora intuivo che la mia voce sarebbe stata la mia strada”.
Quando ha capito che sarebbe diventato un musicista?
“C’è stato un momento, intorno ai 14-15 anni, quando ho iniziato a cantare seriamente con i ragazzi che poi sarebbero diventati gli Spandau Ballet. Ho pensato: “Questo non è solo un passatempo, questa potrebbe essere la mia vita””.
C’è mai stato un momento nel quale ha pensato che non ce l’avrebbe fatta?
“Più di una volta. La musica è un mestiere difficile, pieno di porte chiuse. Ci sono stati momenti di grande incertezza, ma non ho mai mollato: la passione era più forte dei dubbi”.
I suoi genitori l’hanno sempre sostenuta?
“All’inizio erano scettici, come tanti genitori: “Meglio un lavoro sicuro, Tony” mi dicevano. Ma poi, vedendo la mia determinazione e i primi successi, sono diventati i miei fans più fedeli”.
A suo avviso, com’è cambiato il pubblico in questi 45 anni?
“A mio avviso, il pubblico è cambiato tantissimo: negli anni ’80 era tutta una questione di moda, di immagine, oggi è più eterogeneo. Ma la cosa che non cambia mai è l’emozione negli occhi delle persone quando cantano con te. E devo dire che ho dei fans fedelissimi che non hanno mai smesso di supportarmi, neanche nei momenti più bui della mia carriera. A loro va il mio ringraziamento più sincero”.
Lei parla anche di momenti bui che l’avranno anche influenzata. Com’è cambiato Tony Hadley in questi 45 anni?
“Sono cresciuto come artista e come uomo. Oggi ho più consapevolezza, meno paura, più gratitudine. Continuo a cantare con la stessa passione, ma con maggiore profondità”.
Chi l’ha influenzata di più, a suo avviso?
“Come artista, sicuramente David Bowie e Frank Sinatra. Come uomo, la mia famiglia: i miei figli mi hanno insegnato la pazienza e l’umiltà”.
Lei frequenta spesso l’Italia, anche per lavoro. Che cosa le piace di più di questo Paese. E di meno?
“Dell’Italia amo quasi tutto: la gente, il cibo, l’arte. Quello che mi piace meno? Forse la poca precisione…Spesso in Italia ti danno un orario di inizio del concerto, ad esempio, e poi non è mai quello…ma lo dico sorridendo, basta saperlo!”.
In Italia lei ha già avuto modo di lavorare con alcuni artisti. Future collaborazioni?
“Mi piacerebbe lavorare ancora con artisti italiani, magari con gli Elio e le Storie Tese, con cui ho già fatto alcune collaborazioni in passato. Sono aperto, la musica è dialogo”.
Un artista con una carriera come la sua attraverso generazioni. Quali differenza riscontra fra adolescenti della Z Generation e teenagers degli anni Ottanta e Novanta?
“I ragazzi di oggi sono diversi, vivono di social e tecnologia. Ma in fondo hanno le stesse emozioni di noi negli anni ’80: vogliono sogni, amore e musica”.
A proposito di musica, lei ha ottenuto un notevole successo personale anni fa nel musical Chicago a Londra. Perché non ripetere l’esperienza?
“Quella è stata un’esperienza fantastica, in futuro, chissà. Ma prediligo i concerti con la mia TH band, ad essere sincero”.
Che cosa ama ancora della sua professione dopo 45 anni? Andare in tour, registrare in studio o altro?
“Amo di più il momento in cui salgo sul palco e il pubblico canta con me. È magia pura, e non smette mai di emozionarmi”
Lei ha 5 figli (il più grande ha 41 anni) e un nipote, Freddie: che cosa pensa di aver insegnato loro? E che cosa vorrebbe riuscire a insegnare a suo nipote?
“Ai miei figli ho cercato di insegnare il rispetto, l’onestà e la passione per la vita. A Freddie spero di trasmettere la gioia di seguire i propri sogni”.
Alcuni suoi colleghi inglesi, da Sting a Freddie Mercury, a un certo punto della loro carriera si sono lasciati contaminare anche dall’opera lirica, oggi Patrimonio immateriale dell’Umanità. Hanno cantato con Pavarotti o con Monserrat Caballé. Lei ci ha mai pensato?
“Adoro l’opera, Pavarotti era un gigante. Non ho mai pensato seriamente di cimentarmi, ma chissà, magari un giorno una contaminazione…”.
Lei è un artista di successo, ma ha sempre dichiarato di tenere molto all’amicizia, ai figli. Oggi a 65 anni che cosa pensa che conti realmente nella vita?
“La famiglia, la salute, l’amicizia sincera. E la musica, che per me è sempre stata il motore di tutto”.
La musica al centro. Che cosa ci dovremmo ancora aspettare da Tony Hadley nel prossimo futuro?
“Nuovi concerti – nei primi mesi dell’anno sarò in Australia – e sicuramente un nuovo album. Sono entusiasta di quello che sto preparando, non vedo l’ora di condividerlo”.
Ma lei non si occupa solo di musica. Sostiene anche progetti di beneficenza. Uno pure in Italia, per i ragazzi con disabilità
“Sì, la musica deve anche servire a fare del bene. Ma preferisco che queste mie attività rimangano private”.