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Laddove il tessuto sociale perde la sua floridità e la sua produttività, l’usura tende a proliferare. Chiunque creda che la figura dello strozzino sia quella di Savino Capogreco, l’usuraio interpretato magistralmente da Paolo Stoppa in Amici Miei Atto II, commette un grosso errore. Se mai sia esistita la figura del “cravattaro” messa in scena da Mario Monicelli, oggi certamente non è così poiché l’usura si configura sempre più come un reato associativo.

Questo è stato il leitmotiv introduttivo del convegno dal titolo “Il fenomeno dell’usura nella provincia di Firenze”, promosso dall’Assessorato alle politiche sociali e legalità della Provincia di Firenze, in collaborazione con il Centro Interuniversitario di Sociologia politica dell’Università di Firenze. Tra gli ospiti anche Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria e componente della task force del Governo per l’elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata.

La figura dell’usurato. Gratteri si è soffermato a delineare la figura dell’usurato che «perde, oltre al valore meramente economico e pecuniario, la propria dignità ed i suoi affetti poiché, prima di prendere coscienza del problema, vive un estenuante limbo nel quale ritiene a torto di potercela fare con le proprie forze. L’usurato, come il tossicodipendente, ha la necessità di essere seguito ed aiutato nella sua “riabilitazione”, che risulta difficile e non sempre funziona, di figure giuridiche e di una Polizia sensibili al problema e, soprattutto, di associazioni che si occupano di usura perché queste, e non altre, sono le più profonde conoscitrici dei molteplici aspetti del fenomeno e le uniche in grado di offrire sostegno psicologico, prima che economico, alle vittime».

Ritiene che l’attuale legislazione riesca a tutelare i cittadini vittime di usura?
«Malgrado la normativa vigente abbia dotato l’Italia di una moderna legge anti-usura e denotato il fenomeno entro una definizione giuridica chiara ed oggettiva, gli sforzi posti in essere risultano ancora insufficienti. La difficile emersione del fenomeno si lega alla naturale poliedricità cangiante del fenomeno. Il legislatore difficilmente può e riesce a coprire una vasta area di comportamenti che si pongono al confine tra legalità e illegalità. Si deve fare di più».

Come si lega, in pratica, il fenomeno in questione con la criminalità organizzata?
«Il fenomeno, insieme ad altre attività illegali, permette in maniera più facile e, se vogliamo, “grezza”, di riciclare denaro. C’è un’idea di fondo errata. I gruppi criminali elitari, si pensi alla camorra o alla stessa ‘ndrangheta, non usurano per denaro. Non in senso stretto. Il loro interesse non è arricchirsi con i soldi prestati a tassi altissimi bensì far cedere la vittima e appropriarsi dei suoi beni. Si pensi ai commercianti o industriali. In questo modo, mediante l’utilizzo di prestanome, si può giustificare la ricchezza accumulata che, diversamente, resterebbe immersa».

Usura, fenomeno non solo del sud. Nel corso del convegno è stata presentata una ricerca condotta dal Centro Interuniversitario di Sociologia Politica su incarico dell’Assessore alle Politiche sociali, Sicurezza, Politiche della Legalità della Provincia di Firenze, Antonella Coniglio e coordinate dal professor Marco Bontempi (Univesità di Firenze) coadiuvato dal responsabile scientifico della ricerca professore Andrea Pirni (Università di Genova). Il quadro che ne è emerso è allarmante e il fenomeno si viene a configurare in maniera disomogenea nelle diverse aree del Paese. Alla idea comune di un Mezzogiorno storicamente più colpito, i dati mostrano come alcune regioni del nord e del centro Italia si collochino immediatamente dopo la Campania (la regione con il maggior numero di denunce).

La Toscana, regione cuscinetto. La Toscana, in questo quadro, risulta essere una regione cuscinetto o, meglio, una regione dove nonostante la presenza anche costante di clan camorristici e mafiosi, si parla ancora di insediamenti e non di un vero e proprio radicamento; e, sebbene il dato complessivo, rispetto ad altre regioni italiane, non risulti particolarmente elevato, il numero di denunce per usura rimane “importante” e mostra una tenuta nel tempo. Vi è, poi,  un filo tutt’altro che sottile a legare criminalità organizzata ed usura ed i dati sulla conoscenza, indiretta e diretta, del fenomeno da parte degli imprenditori che delineano una penetrazione del fenomeno maggiore rispetto a quella indicata dalla denunce. Vi è il rischio reale che il fenomeno possa assumere caratteristiche predatorie finalizzate alla costruzione di reti di consenso che, subdolamente, si sostituiscono al sistema di stato sociale ampliando, allora, l’infiltrazione criminale nell’economica legale.

Non solo effetto della crisi Non vi è alcun dubbio che la congiuntura storica ed economica che dal 2008 ci permette, quotidianamente, di parlare di “crisi” non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Non ne è, tuttavia, la causa fondamentale ma concorre insieme ad altri fattori (poca educazione all’utilizzo del denaro; ludopatie; complessità del fenomeno criminale) ad aumentarne i rischi. Il problema, in conclusione, è reale e rischia di assumere caratteristiche predatorie finalizzate alla costruzione di reti di consenso che, subdolamente, si sostituiscono al sistema di stato sociale ampliando, allora, l’infiltrazione criminale nell’economica legale. E’ necessario, oggi più che mai, al fine di arginare e bloccare l’avanzata del fatto criminoso, attraverso campagne di sensibilizzazione e di comunicazione pubblica mirato alle categorie che, più di tutte, presentano il rischio come albergatori e ristoratori.

Durante il convegno è stato anche proiettato il filmato «Tempi difficili» a cura di Domenico Costanzo. Il breve cortometraggio, se da un lato ha mostrato il deserto nel quale naufraga la vittima di usura, ha permesso di conoscere meglio le associazioni attive sul territorio toscano e che, giorno per giorno, affrontano il fenomeno attraverso il volontariato ed il sostegno alle vittime.

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