«Mi raccomando, non chiamarmi professore, perché non lo sono. Chiamami Massimo». Così mi disse la prima volta che ci siamo sentiti per telefono. Lo contattai per un’intervista sui peperoncini, prima su una rivista di settore e poi per agricultura.it (leggi l’intervista). Aveva lavorato per anni alla Facoltà di Agraria di Pisa, ma in effetti non era professore, aveva ragione lui.

Fino a quel momento non sapevo praticamente niente di questi frutti piccanti, poi grazie a Massimo, alle risposte che dette alle mie domande, mi sono davvero appassionato, non solo per lavoro, al mondo della piccantezza. Mi ha fatto conoscere tante varietà, e chi se non lui che ne maneggiava ogni giorni circa 1.500 diverse, sulle 2.000 esistenti al mondo. Per questo era il responsabile della biodiversità dell’Accademia Italiana del Peperoncino, per la quale partecipava ad eventi in tutta Italia oltre al grande Festival di Diamante. Ovviamente con una mostra dei suoi peperoncini, varietà introvabili ed uniche al mondo che aveva cercato e trovato nei suoi viaggi alla ricerca della piccantezza, dal Brasile al Sahara. Già proprio il Pimento del Sahara (o del Deserto) è stata la sua ultima ‘scoperta’ una varietà che solo lui aveva: un anno fa mi condivise il dubbio se metterla in commercio o meno. Proprio quella volta che ebbi la possibilità di presentargli Valentina Bisti del TG1 per un servizio sulle collezioni originali. Ci trovammo all’azienda Carmazzi di Torre del Lago, e lui, anche se ‘fuori stagione’ riuscì ad incantare parlando dei sui amati peperoncini (link servizio RAI 1 http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-6b4f9eaa-ec1d-4842-a5fc-fa3b8fe1da9a-tg1.html)

I suoi consigli Mi regalò anche un Rocoto, una varietà peruviana molto interessante in cucina, perchè gli avevo raccontato che non mi riusciva a farli nascere. Nei mesi successivi ci siamo sentiti per messaggio: «Allora Lorenzo, che fanno i Rocoto?». Puntualmente arrivavano gli inviti alle cene piccanti che organizzava e i suoi consigli in vista della nuova stagione, quando ogni inizio anno era il tempo di piantare i semi.

Passione E poi Massimo era un grande juventino, altra passione condivisa. E così i commenti del lunedì post partita e post scudetti su facebook erano divenuti in questi anni una piacevole abitudine.

Ciao maestro Oggi, in colpevole ritardo, scopro che Massimo Biagi, pisano, 73 anni, ci ha lasciati, dopo una malattia veloce e vigliacca, lunedì 12 giugno. Il mio pensiero va a lui, ad un amico particolare, conosciuto da pochi anni anche se ti dava lui stesso l’idea di conoscersi da sempre. E poi un immenso abbraccio va alla sua famiglia, alla moglie Claretta, ai figli Massimiliano e Nicola e allo splendido nipotino di cui tanto parlava. Ciao Massimo, continua a cercare nuove varietà dovunque tu sia.

Articolo precedenteMaremma Estra. A Grosseto punto clienti per servizi su gas energia e telefonia
Articolo successivoCome si difende il Palio. Nero su Bianco «Chi difende la Festa non sta accanto a chi vuole abolirla»
Lorenzo Benocci - Giornalista professionista - Direttore responsabile Agricultura.it - Coordinatore editoriale Dimensione Agricoltura - Collaboratore agenziaimpress.it - La Nazione - Collaboratore testate specializzate agricoltura - Premio Addetto Stampa dell'Anno 2009 per l'Agricoltura - Autore libro: Il Barbarossa - Cronache e protagonisti di una festa