Dalle soluzioni per il miglioramento dei processi di irrigazione alla coltivazione di uva da tavola fuori suolo; dalle famring coach, le fattorie di comunità per il coworking alle serre attive passando dagli impianti idroponici e dai big data. Sono stati presentati a Siena, ad Agrifood Next, la rassegna promossa da fondazione Prima e Qualivita, le trenta storie di innovazione tecnologica e di organizzazione da parte di piccole e medie imprese nel settore agroalimentare. C’è la piattaforma della start up Revortree per aiutare chi ha vigneti, frutteti e oliveti ad aumentare l’efficienza nella gestione dell’irrigazione tramite monitoraggio in tempo reale, dati e intelligenza artificiale. Si aumenta la produttività del terreno risparmiando tempo, energie e risorse. Oppure chi coltiva, come l’azienda Geva nel primo vigneto in Europa ad Agrigento, uva da tavola fuori suolo, con un metodo di coltivazione senza terra in substrato o in idroponica disponendo di circa ottomila piante, tutte sotto serra: raccolto anticipato e due vendemmie all’anno. Nella serra attiva dell’azienda Sfera si recupera acqua piovana e con il ciclo di coltivazione chiuso l’acqua accumulata nei mesi piovosi viene impiegata in quelli di siccità con un risparmio idrico fino al 90%. The Circle ha realizzato il primo impianto acquaponico d’Italia: 1550 mq di serra che ospitano un sistema di coltivazione tecnologico e competitivo. Infine l’istituto poligrafico della Zecca dello Stato che ha sviluppato, per il settore agroalimentare, un vero e proprio passaporto digitale per il cioccolato di Modica Igp e l’aceto balsamico di Modena Igp ricorrendo, attraverso la tecnologia blockchain, all’integrazione di un sistema anticontraffazione e tracciabilità e i dati certificati Csqa.

“Oggi raccontiamo trenta storie di innovatori che ce l’hanno fatta e abbiamo voluto far vedere che si può innovare facendo parlare chi ce l’ha fatta” ha speigato Angelo Riccaboni, presidente della Fondazione Prima e promotore di Agrifood Next in programma al Santa Maria della Scala di Siena fino a sabato.  La rassegna, per due giorni, mette di fronte mondo della ricerca, imprese, istituzioni e organizzazioni del settore agroalimentare. Obiettivo quello di valorizzare i casi di innovazione tecnologica e organizzativa da parte di piccole e medie imprese del settore e promuovere le figure professionali del futuro. “E’ vero che negli anni abbiamo avuto problemi di fondi e sostegno alla ricerca – ha detto Riccaboni aprendo i lavori – ma in questi anni i governi hanno puntato molto sull’agrifood e su questo impegno possiamo iniziare a costruire”. “Noi dobbiamo conciliare le piccole dimensioni dell’azienda con qualità, sostenibilità e redditività – ha aggiunto –  Per creare questo equilibrio occorre fare innovazione. Solo con l’innovazione le imprese possono coniugare la qualità dei loro prodotti e il necessario rispetto dei principi della sostenibilità ambientale e sociale”.

“Sistema delle denominazioni di origine e consorzi di tutela rappresentano una delle porte di ingresso per la modernizzazione del comparto agrifood italiano. Una modernizzazione che implica anche una rinnovata cultura da parte dei consumatori” ha detto Mauro Rosati, direttore generale della Fondazione Qualivita “Le denominazioni di origine italiane hanno tracciato una strada, su come si sta insieme nei territori, su come si riesca a gestire la complessità delle filiere ma in questo momento c’è bisogno di un’evoluzione che i consorzi di tutela stanno ben interpretando e oggi rappresentano un esempio nel mondo”. “In questi anni in cui il made in Italy è riuscito ad imporsi sui mercati internazionali grazie alla qualità – ha concluso Rosati – le indicazioni geografiche sono state sistemi aggregativi capaci di portare innovazione tecnologica e gestionale nelle principali filiere dell’agricoltura italiana”.

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