FIRENZE – La scure in Toscana ha colpito 2.500 negozi. Spazzati via negli ultimi dieci anni da crisi economiche, cambiamento dei costumi e pandemia.

Evento imprevisto e funesto, che ha dato un’accelerazione a un fenomeno iniziato precedentemente e che ha riguardato, in ogni caso, l’intero Paese. Fotografato dalla nona edizione dell’indagine “Città e demografia d’impresa: come è cambiato il volto delle città, dai centri storici alle periferie, negli ultimi dieci anni”, realizzato dall’Ufficio studi Confcommercio in collaborazione con il Centro studi delle Camere di commercio “Guglielmo Tagliacarne”.

In Toscana il maggior numero di chiusure si registra a Firenze: 1.006 dal 2012 al 2023. A seguire Livorno con 530 serrande abbassate, poi Arezzo (- 327), Prato (- 302), Pisa (-300), Pistoia (- 250), Grosseto (-192), Lucca (-191) e infine Siena (-125). L’unico saldo positivo si registra a Massa con 746 negozi di vicinato se paragoniamo i numeri a quelli del 2012. Rispetto alle periferie, invece, la riduzione di attività commerciali è più accentuata nei centri storici: qui, sono sempre meno le attività tradizionali (come carburanti -40,7%, libri e giocattoli -35,8%, mobili e ferramenta -33,9%, abbigliamento -25,5%) e sempre più quelle che offrono servizi e tecnologia (farmacie +12,4%, computer e telefonia +11,8%), oltre alle strutture ricettive (+42%) e bar e ristoranti (+2,3%).

Alcuni di questi settori sono stati penalizzati dall’avanzata inarrestabile degli acquisti online. le vendite, in Italia, sono passate da 17,9 miliardi nel 2019 a 35 miliardi nel 2023 (+95,5% i beni e +42,2% i servizi), con l’online che nel 2023 vale ormai il 17% degli acquisti di abbigliamento e il 12% del beauty.

Secondo l’Ufficio studi Confcommercio, “la crescita dell’e-commerce è la maggiore responsabile della riduzione del numero di negozi ma resta comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale”.

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