SIENA – Era il 1998. La stanza con affaccio su piazza del Campo, grazie a Guido Parigi: finì per sembrarci normale, era una quinta meravigliosa per lavorare ogni giorno. Due scrivanie, un mobiletto, qualche sedia scovati a prezzo popolare all’Istituto vendite giudiziarie.

La stampante-fax-telefono nell’angolo appena entrati. Il nome: “Impress”, perché press vuol dire stampa, ma anche perché è un nome che resta impress … Alessandro Grazi e il logo blu-arancio con svolazzo. I biglietti da visita e la carta intestata (con lo svolazzo). Claudio Maccari a San Quirico d’Orcia con le sue opere d’arte e il catalogo rosso, “Di cotto e di crudo” a palazzo Chigi. La banca di Asciano quando era banca di Asciano. Il teatro rimesso a nuovo a Rapolano Terme, “Gnosi delle fanfole” con Stefano Bollani e Massimo Altomare. Poi, l’Arsia, in via Pietrapiana a Firenze, accanto al mercatino delle pulci allora in piazza dei Ciompi.

Era il 1998, un nuovo mondo professionale si spalancava davanti a noi, sembrava a portata di mano e a conti fatti lo era per davvero, vista la longevità di Impress. Merito, ovvio, di chi quell’idea aveva avuto ed è rimasto sempre lì a testimoniarne la bontà. I nostri percorsi professionali si sono separati, quelli umani si sono divisi e poi ritrovati perché “due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai, potranno scegliere imbarchi diversi, saranno sempre due marinai”.

Era il 1998, ci voleva un po’ di coraggio per lanciarsi senza protezioni, guadagnandosi ogni centimetro di lavoro. Ma sicuramente ce n’è voluto molto di più per portare avanti quell’esperienza, costruendo giorno dopo giorno il proprio futuro in un mestiere sempre più difficile da interpretare, dimostrando duttilità e capacità di adattamento. Un mestiere antico ma ora schiacciato da una miscela esplosiva di generale perdita di credibilità, rivoluzione tecnologica scambiata per azzeramento delle regole del giornalismo, ritmi insensati a scapito della qualità. Allora non lo sapevamo, che sarebbero cambiati così in fretta i paradigmi della professione, anche se alla fine quello più importante è rimasto in piedi: la capacità di saper comunicare, l’equilibrio, la curiosità e l’attenzione indispensabili ogni giorno.

Era il 1998 e adesso è il 2023. “Perché non si fa un’agenzia di comunicazione”? Sembra ieri, è passato un quarto di secolo. Lunga vita, Impress.

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