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FIRENZE – “I miei tempi non sono quelli della politica.” Con queste parole, una donna toscana di 55 anni, malata di sclerosi multipla e paralizzata, denuncia l’inerzia delle istituzioni davanti alla sua sofferenza.

La paziente, assistita dall’associazione Coscioni, ha ottenuto il diritto al suicidio assistito, ma non può autosomministrarsi il farmaco letale e per questo chiede l’aiuto di un medico.

La discussione parlamentare sul fine vita è stata rinviata a settembre, un’ulteriore attesa che per lei è insopportabile: “Come se la mia malattia potesse prendersi una pausa estiva”, commenta amaramente.

Anche sul fronte giudiziario i tempi si allungano: “I giudici chiedono altra documentazione e approfondimenti. Ma ogni giorno in più è per me tortura, sofferenza, umiliazione. Vi chiedo una sola cosa: fate presto”.

Il caso della donna è arrivato davanti alla Corte Costituzionale, che venerdì scorso ha depositato la sentenza dichiarando inammissibile il quesito sollevato dal tribunale di Firenze riguardo la legittimità costituzionale del reato di eutanasia.

La Consulta ha motivato il rigetto con un difetto di motivazione relativo alla reperibilità dei dispositivi di autosomministrazione, senza però entrare nel merito della questione.

Una vicenda che riaccende il dibattito sul diritto al fine vita e sulla necessità di trovare soluzioni rapide per chi, come questa donna, vive ogni giorno con il peso di una malattia grave e irreversibile.

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