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STIA – Uno possibilista, l’altro con poca speranza. Sono le due facce della vicenda che ha al centro il panno del Casentino.

Azienda destinata alla chiusura, con produzione già sospesa e 13 persone rimaste senza lavoro. Per Massimo Savelli, comproprietario della Tacs di Stia, una delle due imprese che producono e commercializzano il tessuto, la lavorazione può essere fatta anche da altre fabbriche, tra le quali alcune a Prato. Invece, per Claudio Grisolini, titolare della Tessilnova di Stia, questa possibilità non c’è, perché verrebbe a mancare quella caratteristica arricciattura consentita dai macchinari presenti solo nella sede originale. Quindi, se non ci sarà qualcuno che faccia ripartire la produzione, anche le aziende collegate come la sua, per quanto riguarda la commercializzazione, saranno costrette a chiudere.

«Meglio rivolgersi a ditte a Prato, anche se la macchina arricciatrice non sarà perfetta come quella di Soci, piuttosto che chiudere», conclude Savelli, raggiunto dal Corriere Fiorentino.

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