Il “Partitone toscano batte in ritirata. Pd dimezzato, resistono gli over 70”. È impietoso il servizio de La Nazione di ieri dopo il primo turno delle elezioni amministrative e ad una settimana esatta dai ballottaggi. Il partito erede della tradizione comunista e democristiana di sinistra nella nostra regione non vanta competitors ma sta perdendo il controllo del territorio. Così è se vi pare, elezione dopo elezione, anno dopo anno. E sebbene non aumentino le preferenze ai partiti di destra o centrodestra e nemmeno il Movimento5Stelle riesca a sfruttare questa disaffezione a proprio vantaggio, ad aumentare è l’astensionismo (+7%), finora poco conosciuto dalle nostre parti, e il fenomeno del civismo nei Comuni.

Diminuisce, poi, la partecipazione a quella che un tempo fu la vita di partito se, come scrive La Nazione, si è passati dai 75mila iscritti in Toscana del 2009 (anno della fondazione del Pd) ai 41mila del 2015, con grossi problemi per la organizzazione delle attività dei circoli e delle tradizionali feste democratiche (un tempo dell’Unità) per scarsa partecipazione di volontari, con un’età media sempre più alta.

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Dario Parrini

E così domenica scorsa il “Partitone” ha conquistato al primo turno solo 15 Comuni dei 26 al voto, senza riuscire a prendersi Sesto Fiorentino, un tempo chiamata “Sestograd” (come invece aveva auspicato lo stesso Matteo Renzi al comizio di chiusura), Grosseto, Sansepolcro, Montevarchi, Cascina, Altopascio. E deve rimanere col fiato sospeso fino a domenica prossima, anche se in alcuni casi la sfida sembra quasi impossibile.

Ma quali sono le cause di questa disaffezione dei toscani per il Partitone? Qui entrano in campo le analisi, quasi sempre di parte e pronte a difendere il proprio orticello senza mai voler fare i conti con la realtà. Ecco allora il segretario regionale, onorevole Dario Parrini, dare la colpa alle “situazioni locali” e che “se a sinistra si è divisi si paga un prezzo altissimo”. Insomma, la colpa è di chi non ha fatto accordi a sinistra, anche laddove non c’era dialogo da anni, e di situazioni e colpe localistiche.

Nessuna autocritica, invece, o ammissione di colpa su come è governato il partito a trazione renziana, come procede alle scelte e agli uomini che lo rappresentano nei luoghi di governo e sottogoverno locali. E forse, ma è parere personale, i toscani sono stufi proprio di questi metodi. Provo a fare qualche esempio, senza ricordare il caso clamoroso della Campania dove il segretario regionale del Pd, Stefano Graziano, è stato recentemente indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.

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Matteo Renzi

È notizia di ieri che il sindaco di Scandicci, Sandro Fallani, sarebbe indagato dalla Procura di Firenze perché pochi giorni prima di giurare da primo cittadino sarebbe stato assunto da un’azienda privata per poi chiedere e ottenere subito l’aspettativa dal lavoro. Il che significa che i prossimi 5 anni di contributi, come prevede la legge, saranno pagati dalla ragioneria del Comune (calcolati in 47mila euro). Inutile dire che il Pd per bocca del segretario metropolitano, Fabio Incatasciato, ha risposto che si tratta di una “questione personale e non politica”. Se è vero che la questione è personale, è anche vero che la metodica ricalca in pieno un certo modus operandi di quel partito e ci sono schiere di politici ad avere utilizzato questo escamotage che fa ricadere certi costi sul pubblico. Ognuno ha un esempio nel suo Comune o nella sua area di riferimento, e io per carità di patria eviterò di fare nomi e cognomi per non rischiare di dimenticarne qualcuno. Del resto Matteo Renzi stesso è accusato di avere usato lo stesso metodo con l’azienda di famiglia quando venne eletto alla Provincia di Firenze. Non sarà che i toscani si sono rotti di questi metodi che scaricano sul sistema pubblico i costi della politica, permettendo a molti dirigenti di partito senza lavoro di avere un paracadute grazie ai fondi pubblici?

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Moreno Periccioli

È di sabato, invece, la notizia che per la vicenda del crac della Scarlino srl che doveva gestire l’inceneritore, sono indagate dalla Procura di Grosseto 14 persone con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Non proprio un biglietto da visita per un buon amministratore. Tra queste Moreno Periccioli, politico senese di lungo corso con un passato da politico nel Pci poi Pds infine Pd, assessore regionale (giunta Vannino Chiti) e un presente da manager in vari settori (acqua, energia, caccia). Ultimamente indicato dal sindaco di Siena, Bruno Valentini, e altri sindaci alla presidenza di Intesa (società a capitale interamemte pubblico) “in base al proprio curriculum”. Periccioli, che è presidente di Scarlino energia, si è difeso su La Nazione di Siena sostenendo che “non c’è nessun reato fallimentare”. Lo dimostrerà in Tribunale ma intanto continua ad amministrare una società pubblica. Tra gli indagati anche l’ex senatore del Pds, Fabrizio Vigni, che si era dimesso da presidente di Sienambiente qualche mese fa in seguito ad un’altra inchiesta della Procura di Firenze sull’affidamento del servizio di rifiuti a Sei Toscana. Con lui indagati anche i consiglieri di Sei Toscana Giuseppe Pinto e Marco Buzzichelli, proveniente da Sienambiente, e l’attuale amministratore delegato Eros Organni. Questi ultimi sono, infatti, stati confermati proprio da qualche settimana alla guida del colosso dei rifiuti Sei Toscana a cui i toscani di Siena Arezzo e Grosseto pagano le bollette. Sempre più salate.

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Marco Macchietti

L’ultimo caso, infine, viene dal piccolo comune di Cetona dove il segretario comunale del Pd, Marco Macchietti, si è dimesso. L’ex sindaco di Cetona e poi assessore provinciale avrebbe rimesso il mandato per denunciare “i metodi di gestione del Partito Democratico”, si legge in una nota dell’Unione Comunale di Cetona che difende Macchietti, perché  «quella così tanto sbandierata “comunità PD” si rivela essere solo uno slogan, dietro al quale si nascondono sopraffazioni, divisioni e in molti casi semplicemente l’assenza di un partito strutturato». La questione sul tappeto è quella delle fusioni dei Comuni su cui sappiamo come la pensa il Pd nazionale e regionale e sulla quale il Pd cetonese si era fortemente contrapposto in questi mesi. Qualche richiamo di qualche dirigente provinciale o regionale fuori dalle righe avrà esacerbato gli animi e reso quella “comunità” meno democratica.

Chissà che il segretario regionale, Dario Parrini che va a cercare le colpe del calo di voti al Pd negli accordi mancati a sinistra non colga invece da questi esempi come da infiniti altri segnali il senso del malessere della sua base politica. E non gli si accenda l’idea di un altro partito, composto magari da altri uomini e altri metodi. Questi oramai i Toscani li conoscono e, se possono, li evitano.

Ah, s’io fosse fuoco

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