«La fiducia che avevamo riposto nella legge regionale sulla gestione degli ungulati nelle riserve naturali è bruciata in un fuoco di paglia; quella stessa normativa approvata a giugno non trova ancora applicazione e tutto tace in un silenzio assordante».

E’ il grido di allarme dell’Unione Provinciale Agricoltori di Siena al fianco degli imprenditori che hanno investito nelle loro attività all’interno di riserve naturali e che oggi «continuano ad essere considerati agricoltori di serie b – prosegue l’associazione -, coltivano e pagano le tasse senza diritti né tutele e soprattutto senza indennizzi di fronte ad una fauna selvatica fuori controllo».

«Avevamo ritenuto la legge approvata in consiglio regionale a giugno come una luce fuori dal tunnel ma di fatto così non è – evidenzia l’Unione Provinciale Agricoltori di Siena -. Manca la sua applicazione e quelle che si chiamano riserve naturali sono diventate di fatto riserve di ungulati. Le aziende agricole che si trovano all’interno sono penalizzate oltremodo da una normativa farraginosa, molto attenta alla fauna selvatica, decisamente meno al territorio ed alle aziende stesse. Dovevano essere siti dove proteggere la cosiddetta fauna nobile e rispettare dell’ambiente. Niente di tutto questo: sono oggi territorio franco per queste specie, divenute nefaste ed in molti casi nemmeno autoctone. Dall’approvazione della legge regionale ad oggi nulla è cambiato, è aumentato solo lo sdegno e la frustrazione degli agricoltori, unici incolpevoli che subiscono torti e soprusi. Ed allora è con forza ed a voce alta che chiediamo risposte concrete e rapidissime – conclude Upa Siena – in grado di risolvere un problema che si protrae dal 2015»

 

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