Non ci sono mai stati presupposti per commissariare Banca Monte dei Paschi, l’operazione Antonveneta fu autorizzata «perché conforme ai criteri previsti dalla normativa». Sono due tra i passaggi più rilevanti della lunga e dettagliata risposta scritta che la Banca d’Italia ha fornito alle domande della commissione d’indagine regionale su Mps, presieduta da Giacomo Giannarelli (M5S).

Domanda/1 Perché, dunque, domanda la commissione, non fu stoppata l’operazione Antonveneta, cuore del disastro di Mps? «Perché fu riscontrata un’attestazione di conformità che tra l’altro riguardò – sostiene Bankitalia – l’adeguatezza patrimoniale di Mps e la sostenibilità dell’acquisizione». L’istanza presentata all’epoca da Rocca Salimbeni «includeva un articolato piano di rafforzamento patrimoniale necessario a mantenere il rispetto dei coefficienti patrimoniali post acquisizione».

Domanda/2 E l’incongruenza tra il prezzo pagato e quello annunciato pubblicamente? «Le norme che regolano l’attività di vigilanza – è la risposta – non prevedono accertamenti in merito alle operazioni di pagamento. Inoltre, i pagamenti di Mps avevano riguardato non solo il corrispettivo per Antonveneta, ma anche la sostituzione delle linee di liquidità concesse da Amro a Antonveneta». E ancora, chiede la Commissione: perché non sono stati fatti accertamenti sull’eventuale utilizzo dei pagamenti per riciclaggio o tangenti? «L’accertamento delle fattispecie di reato richiamate nella domanda – è la risposta – non rientra nelle competenze della Banca d’Italia, ma in quelle dell’autorità giudiziaria. Con riferimento all’acquisto di Banca Antonveneta, la Banca d’Italia presta la più ampia collaborazione all’autorità giudiziaria».

Mancarono presupposti al commissariamento Sulla richiesta di chiarimenti per il mancato commissariamento, Bankitalia osserva che «non sussistevano i presupposti». Il 15 novembre 2011, si ricorda, «il direttorio aveva convocato i massimi vertici di Mps e Fondazione per metterli di fronte alle proprie responsabilità e richiedere una rapida e netta discontinuità nella gestione aziendale». Risultato ottenuto, si aggiunge, con l’addio di Antonio Vigni prima e Giuseppe Mussari poi, la sostituzione della maggior parte dei membri del cda. Inoltre, «i coefficienti patrimoniali della banca erano ben al di sopra dei minimi regolamentari vigenti». Anche le perdite successive, «ascrivibili a vari fattori tra cui anche l’elevata rischiosità creditizia, non hanno intaccato la situazione patrimoniale della banca al punto da comportare una violazione dei minimi regolamentari».

«Gravi irregolarità e violazioni» «Va tenuto presente – osserva Bankitalia – che il 6 febbraio 2013 è stato il nuovo management, a seguito del ritrovamento di un documento fino a quel momento occultato anche alla Banca d’Italia, a disporre la correzione dell’errore contabile. Quindi, prescindendo da qualsiasi altra considerazione, è evidentemente da escludere che l’emersione di questo errore potesse comportare il commissariamento di Mps e lo scioglimento degli organi».

*articolo pubblicato su La Nazione Siena del 16 aprile 2016

Articolo precedenteUna cura per la sanità. Medici vs Rossi, il presidente dell’Ordine: «L’intramoenia è una risorsa per il cittadino»
Articolo successivoLasciamo parlare i fatti. Da soli sono ottimo spunto di riflessione