«L’invito è alla calma, per il momento possiamo solo vedere come evolve la situazione, consapevoli che viviamo in un’epoca i cui gli spostamenti frequenti hanno accorciato le distanze e che la tecnologia ci permette di non farci trovare impreparati». Così Emanuele Montomoli, docente di Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Siena interpellato da agenziaimpress.it in merito al nuovo virus proveniente dalla Cina, il ‘2019- nCoV’, nuovo coronavirus che ha provocato da fine dicembre 17 vittime (e 444 contagiati) in Cina, nella provincia di Hubei dove si trova la città-focolaio Wuhan.

Telegiornali, quotidiani, agenzie di stampa non fanno che rilanciare notizie su nuovi contagiati ad Hong Kong, Thailandia e Usa, mentre arriva conferma che l’uomo ricoverato nelle scorse ore in Australia non è stato colpito dal coronavirus. Una situazione che preoccupa tanto da convincere il Ministero della Salute italiano a riunire la sua task force, mentre si attende la riunione di oggi dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) per decidere se dichiarare o meno un’emergenza sanitaria internazionale.

Professor Montomoli facciamo un po’ di chiarezza su questo nuovo virus. Di cosa si tratta?

«E’ un virus cosi detto “emergente”, come tanti altri ce ne sono stati nel corso della storia umana, è nuovo e dopo la prima trasmissione da animale (anche se ancora non è stata identificata la specie) a uomo, ora si trasmette da uomo a uomo».

E’ un virus che dobbiamo temere?

«E’ un virus che può spaventare ma è ancora prematuro dirlo. E’ vero che si trasmette in modo semplice, per via aerea e quindi ha le caratteristiche per essere pericoloso. Ma se riflettiamo anche il raffreddore (il rinovirus) si trasmette così e non ci preoccupa per via dei rari casi di mortalità che provoca. Quindi bisogna aspettare e capire: questo nuovo virus quanti morti provoca rispetto al numero di contagiati?».

Ma come mai i virus (Mers, Sars, influenza aviaria) hanno origine sempre in Cina per poi diffondersi negli altri Paesi?

«Tutti i coronavirus e i virus respiratori in generale emergono da alcune specie animali e poi si trasferiscono all’uomo se vivono in stretto contatto. Questo facilita la trasmissione. In Cina ci sono condizioni di promiscuità maggiori, condizioni di vita ben diverse da quelle che si possono trovare in Paesi come il nostro».

L’Italia ha alzato i livelli di controllo all’aeroporto di Roma (dove c’è un volo diretto per Whuan) e Milano e allertato i medici di famiglia. C’è altro che si può fare in questo momento?

«Penso che aumentare i controlli nei soli aeroporti di Roma e Milano non sia sufficiente. Sono i più grandi in Italia, è vero, ma a Firenze, per esempio, arrivano voli da Monaco, Londra e Parigi che sono hub di massiccia circolazione di persone.  E poi serve attivare centri dove fare la diagnosi. Questo nuovo virus è clinicamente difficile da distinguere dall’influenza, però poi sfocia in polmonite. Quindi se siamo in presenza di soggetti a rischio e con pregresse patologie, in caso di sintomi quali mal di gola, febbre, tosse e difficoltà respiratorie il medico di famiglia deve fare un tampone e inviarlo ai centri di riferimento per la diagnosi. E dovrebbe essere proprio l’OMS a dire cosa fare e circoscrivere i focolai epidemici».

In questo periodo di picco influenzale c’è il rischio che i due virus si mescolino?

«Questo rischio non c’è. L’unico pericolo è la confusione, scambiare normali sintomi influenzali per coronavirus. E questo scatenerebbe panico nella gente e caos negli ospedali».

Quindi anche per non contrarre il coronavirus valgono le stesse regole dell’influenza?

«Certo, lavare le mani spesso e bene è importante, ma non possiamo dire alla gente di evitare luoghi affollati, non possiamo chiuderci in casa. La nostra è una società ad alto rischio di diffusione delle epidemie perché i viaggi sono molto frequenti, anche all’estero. Prima ci si muoveva molto meno. Ora il livello di controllo della diffusione di questo nuovo virus è a livello alto. Se e quando ci sarà un caso in Europa o in Italia, ci si attiverà maggiormente. In fin dei conti bisogna sapere che in circolazione ci sono tanti virus e non di tutti siamo così preoccupati, anche come opinione pubblica».

Se mai il nuovo virus arrivasse anche in Italia e in Toscana siamo pronti a gestirlo?

«L’unico modo per sconfiggere un virus è il vaccino, e al momento non ne esiste uno contro questo coronavirus. Ma non viviamo più come a inizio ‘900 e infatti in brevissimo tempo il genoma del coronavirus in questione è già stato sequenziato. In caso di super emergenza nel giro di 6 mesi avremmo un vaccino a disposizione».

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