SIENA – No, grazie. Si potrebbe semplificare in due parole il pensiero di Luigi Lovaglio. Non tanto in merito al terzo polo bancario, sul quale l’ad di Mps ha già fatto un’apertura.

Quanto alla necessità di un nuovo soggetto per dare respiro a Rocca Salimbeni. “Il tema non è fare il terzo polo per salvare Mps, non ne abbiamo bisogno”, ha detto il manager al congresso della Fabi. Una filosofia dettagliata poi ancora meglio: “Non c’è bisogno di svendere una banca che può distribuire dividendi”. Il dirigente tuttavia è consapevole che una via di uscita dallo Stato sia necessaria. “E’ riduttivo concentrarsi solo su Mps – ha detto il manager, a proposito delle aggregazioni -. Certo il Tesoro deve uscire, le soluzioni sono tante, trovare un partner stabile, andare sul mercato e fare aggregazioni”.

Per Lovaglio quindi il terzo polo bancario ha logica all’interno di un ragionamento più ampio. “Se vogliono pensare in ottica sviluppo e sostegno all’economia bisogna pensare alle dimensioni – ha aggiunto il banchiere -. Se noi non abbiamo grandi banche con grandi capitali per finanziarie le imprese rischiamo diventare oggetto di interesse per altri player”. Per questo la dimensione non deve essere fine a se stessa, rileva il manager, ma deve essere tale “per presidiare l’economia e tutelare l’italianità del risparmio”.

Parole non troppo distanti da quelle di Piero Luigi Montani: Non sono contrario al terzo polo. Un altro discorso è parlare di terzo polo coinvolgendo Bper”, ha sottolineato l’ad della banca emiliana, che ha aggiunto: «Dobbiamo consolidare bene quello che abbiamo a casa. È una questione razionale”.

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