FIRENZE – In Italia, l’accesso allo screening mammografico rimane fortemente disomogeneo tra le regioni, con solo sei su venti (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Basilicata) che garantiscono l’esame gratuito nella fascia d’età raccomandata dalle linee guida europee, ovvero dai 45 ai 74 anni.
In molte altre regioni, invece, la prevenzione è limitata alle donne tra i 50 e i 69 anni, escludendo oltre due milioni di donne dal diritto alla diagnosi precoce del tumore al seno.
A denunciare questa disparità è Europa Donna Italia, che ha lanciato una nuova campagna per chiedere l’estensione uniforme del programma di screening su tutto il territorio nazionale. La presidente Rosanna D’Antona sottolinea come questa disuguaglianza sia inaccettabile, poiché incide direttamente sulla salute delle donne e sulle loro possibilità di sopravvivenza alla malattia.
Il tumore al seno è il più diagnosticato tra le donne e rappresenta anche la principale causa di mortalità oncologica femminile, con 53.600 nuovi casi stimati solo nel 2024. Tuttavia, la diagnosi precoce attraverso lo screening mammografico migliora significativamente la prognosi, consentendo terapie più efficaci, interventi meno invasivi e una sopravvivenza a cinque anni superiore al 90%.
Paola Mantellini, direttrice dell’Osservatorio Nazionale Screening, evidenzia che ampliare la fascia d’età dello screening non è solo un atto di equità, ma anche di razionalità economica. L’inserimento di questa estensione nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) permetterebbe alle regioni più in difficoltà di accedere a fondi nazionali, facilitando così l’attuazione del programma.
Il programma di screening organizzato prevede la lettura “in doppio cieco” delle mammografie da parte di due radiologi indipendenti ed è collegato alle Breast Unit, centri specializzati che garantiscono un percorso diagnostico-terapeutico completo e tempestivo. Europa Donna Italia ribadisce che ampliare la prevenzione comporta costi, ma non farlo ha un prezzo molto più alto in termini economici, sociali, psicologici e umani.
Le disparità si riflettono anche nei dati di adesione: la media nazionale è del 49,3%, con differenze marcate tra regioni, che vanno dall’82,5% della Provincia autonoma di Trento all’8,1% della Calabria. Le regioni del Sud, ad eccezione del Molise, mostrano livelli di adesione inferiori alla media nazionale, spesso a causa di carenze organizzative nella gestione degli inviti.
Europa Donna Italia ha inoltre sottolineato l’importanza di migliorare la comunicazione e le modalità di invito allo screening per aumentare la partecipazione, oltre a rafforzare la formazione del personale e il collegamento tra centri screening e Breast Unit.
In sintesi, la richiesta è chiara: estendere in modo uniforme su tutto il territorio nazionale lo screening mammografico dai 45 ai 74 anni, per garantire a tutte le donne italiane pari opportunità di prevenzione e diagnosi precoce, fondamentali per salvare vite e ridurre i costi sociali ed economici legati al tumore al seno.
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