L'arrivo del presidente Mattarella in piazza del Campo (foto Enzo Russo)

LIVORNO – “Sulle responsabilità dell’incidente e sulle circostanze che l’hanno determinato è inderogabile ogni impegno diretto a far intera luce.

L’impegno che negli anni ha distinto le associazioni dei familiari rappresenta un valore civico e concorre a perseguire un bene comune”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordando il 30esimo anniversario del disastro della Moby Prince.

Il 10 aprile 1991, nella rada livornese, alle 22.25, il traghetto Moby Prince della Navarma entrò in collisione con l’Agip Abruzzo, petroliera della Snam, a 2,7 miglia dalla costa. Morirono in 140 tra passeggeri e equipaggio.

La prua del Moby penetrò la cisterna numero 7 della petroliera: il greggio si riversò sul traghetto che si trasformò in un’immensa torcia con l’innesco delle fiamme, provocato forse dall’attrito delle lamiere.

Varie le ipotesi sul perchè accadde: nebbia, eccesso di velocità, un’esplosione, un guasto alle apparecchiature di bordo. Anche la distrazione: si pensò che chi avrebbe dovuto vigilare stava guardando Juventus-Barcellona in tv, semifinale di Coppa Uefa. Di certo i soccorsi arrivarono in ritardo: il traghetto fu individuato solo alle 23.35.

Un’odissea per i familiari delle vittime che dopo decenni di inchieste, processi e verità distorte e demolite continuano a chiedere che il Parlamento indaghi ancora per fare una volta per tutte chiarezza. Già ha lavorato una commissione parlamentare le cui conclusioni, arrivate nel 2018, hanno portato anche alla riapertura delle indagini della procura di Livorno. I familiari chiedono ora una bicamerale che possa proseguire oltre la scadenza della legislatura, “fino al raggiungimento del suo scopo”.

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