SIENA – Quando i consiglieri di Mps domani si ritroveranno di fronte, potrebbe vacillare anche la data del 17 ottobre.

Il giorno scelto dall’ad Luigi Lovaglio per dare avvio all’aumento di capitale, ma che, al momento, appare troppo vicino per un’operazione che può contare su poche certezze. Il nodo è sempre nella sottoscrizione degli investitori privati per 900 milioni. Una cifra difficile raggiungere, considerando che a parte Axa, non ci sono altre garanzie. Neppure Anima Holding, se non sarà rivista la join-venture. Comunque non si andrebbe al di là dei 400 milioni.

Situazione che avrebbe suscitato più di un malumore nel consorzio di garanzia, non così propenso ad accelerare i tempi, anche a causa di un accordo dove sarebbe chiamato a farsi carico del capitale inoptato. In realtà sarebbe prevista una soglia minima di risorse da portare a casa da parte di Rocca Salimbeni e allo stato attuale, non sarebbe stata raggiunta. Se il banchiere riuscirà ad appianare le divergenze, la Consob potrebbe dare il via libera al prospetto tra pochi giorni.

Viste le difficoltà, ci sarebbe spazio anche per scenari alternativi, delineati dal Financial Times. Opzioni che non avrebbero il favore del management della banca, per vari motivi, e che secondo il quotidiano britannico, potrebbero consistere nello scambio di debito in azioni o nella vendita di asset in portafoglio.

Premesso che strade differenti dovrebbero essere valutate dalle autorità europee, sembra complicato un rimescolamento improvviso delle carte in tavola. Come, d’altronde, lo è anche il rispetto del cronoprogramma, visto lo scetticismo che da settimane accompagna l’operazione. Un rinvio metterebbe a rischio anche la fuoriuscita anticipata di 3.500 persone (se non di più, ma su questo versante non ci sono passi in avanti) dall’istituto di credito. Il 12 novembre è il termine utile per accedere al Fondo di solidarietà.

La diminuzione del personale è un passaggio chiave per il rilancio della banca a partire dal 2023. Certo, gli 800 milioni che servono per il maxi-esodo li potrebbe mettere il Tesoro (parte in causa nell’aumento per 1,6 miliardi), ma senza tutto il resto, guardare al futuro diventa difficile.

Notizie poco buone arrivano anche da Piazza Affari, dove Montepaschi ha chiuso la seduta ancora in calo, con il titolo che ha perso l’1,3% a 22,47 euro. Continuano intanto le vendite sui bond subordinati, che rischiano il burden sharing nel caso in cui dovesse essere richiesto un nuovo salvataggio pubblico e le cui valutazioni sono praticamente dimezzate rispetto al valore nominale. Quello da 750 milioni con scadenza 2028 ha perso l’1,8% a quota 48, quello da 300 milioni con scadenza 2029 ha lasciato sul terreno il 3,1% a 54, quello da 300 milioni con scadenza 2030 ha ceduto il 3,7% a 51,2 e quello da 400 milioni con scadenza 2030 il 4,4% a 50,1.

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