SIENA – «Il giudizio è cautamente positivo. L’imperativo di questa stagione era quello di tenere aperti i teatri: resistere allo tsunami pandemico che ha messo in ginocchio il mondo della cultura in generale e la nostra categoria in particolare. Si doveva dare un segnale di speranza e fiducia. Così è stato».

È soddisfatto il direttore artistico dei Teatri di Siena Alessandro Benvenuti della stagione 2021 – 22 ai Rinnovati che, venerdì 8 aprile, cala il sipario con ‘Benvenuti in casa Gori’. Un remake esclusivo per il pubblico senese di una delle migliori commedie dell’attore che si esprime al meglio nella triplice veste di protagonista, autore e regista.

La soddisfazione dei Teatri di Siena è tanto più grande perché, dopo il lockdown e le chiusure imposte dalla pandemia, si conclude la prima stagione completa, firmata dalla direzione artistica di Alessandro Benvenuti. Una sfida iniziata a novembre 2021 con la grande novità della produzione teatrale del Comune di Siena, proseguita con un cartellone ricco tra prosa, danza, musica e che ‘Benvenuti in Casa Gori’ chiude dando appuntamento ai successivi programmi.

Il pubblico come ha reagito, in termini di presenze e di commenti agli spettacoli?

«I senesi, in buona parte, hanno ritrovato la via del teatro tanto da farci capire che il nostro impegno è stato premiato. E, cosa positiva, è stata la sorpresa di una presenza di giovani, universitari e non: ci ha fatto capire la bontà di alcune nostre scelte e la via da seguire in futuro. Per gli abbonamenti, quest’anno, prevedendo imprevisti ai quali avremmo potuto andare incontro e che puntualmente si sono registrati, si è deciso di non farli a tutela nostra e del pubblico. L’idea dell’ufficio teatri di proporre in alternativa carnet e pacchetti speciali, è stata una soluzione onesta e intelligente di presentare la nostra offerta culturale consentendo al pubblico di crearsi, con libertà di scelta, la propria personale stagione teatrale. Per quanto riguarda i commenti, alcuni sono stati entusiastici ed altri  di meno. L’ammirazione ci ha fatto piacere, le critiche ci servono per capire se, e come, si dovrà migliorare. L’unica situazione che ci avrebbe reso infelici sarebbe stata quella di avere un pubblico amorfo e senza opinioni. Ma i senesi, nel dare opinioni, hanno pochi rivali tra le città italiane».

La pandemia ha condizionato e limitato la generale offerta, riducendo produzioni e progetti. Le sue scelte per la stagione ‘Ti abbiamo riservato un posto speciale’?

«I criteri sono stati quelli di recuperare alcuni titoli saltati nella stagione precedente ed estiva; mantenere promesse presentate ad attori, registi e produzioni, ma disattese per la chiusura dei teatri; presentare il lavoro degli artisti senesi da me diretti come festa di riapertura dei Rinnovati; infine, proporre due spettacoli di danza di alto livello che hanno arricchito la nostra stagione teatrale. Con la mia soddisfazione per tutto questo, vorrei però che chi legge comprendesse che le condizioni pratiche e psicologiche nelle quali ci siamo trovati ad operare, non sono state delle più facili. È giusto che al pubblico interessino i risultati ma, per chi lo vuol capire, è anche doveroso ricordare che un conto è lavorare sereni su un bel terrazzo con vista panoramica al tramonto, un altro è farlo in trincea sotto la pioggia. In questo, l’ufficio teatri, è stato molto bravo nell’uso degli ombrelli».

Perché ha deciso di chiudere con ‘Benvenuti in Casa Gori’, un cult della sua carriera?

«Avevo seppellito questa commedia quattro stagioni fa. A Firenze, città dove vide i natali nel 1986. Mi ero ripromesso di non rappresentarlo mai più. Rimetterlo su è per me una enorme fatica psicofisica e avevo deciso che non era più il caso di farlo. Il mio, dunque, è solo un atto d’amore per Siena. Spero tanto di non essermi sbagliato a rimettermi in gioco, e che l’averlo fatto, sia recepito e condiviso per quello che è. Vede, io sono un timido con discreti problemi relazionali. Siena è una città che pretende presenza, visibilità, complicità sociale. Soffro anche di una leggera forma di agorafobia, camminare per le strade affollate mi procura qualche disagio, idem per i luoghi chiusi: circoli ricreativi, salotti intellettuali. A chi non mi conosce, posso apparire scostante, persino un po’ altero, uno che sta sulla torre e guarda dall’alto in giù. Non è così. Semplicemente, socializzare non è il mio forte. Ma quando sono sul palco, ho un enorme rispetto per il pubblico. E attraverso la mia fatica, mostro tutta la passione che ho. Per questo, ho deciso di rifare ‘Benvenuti in Casa Gori solo per Siena. Tre ultime volte. Poi, basta».

L’emergenza ha, comunque, obbligato ad annullare alcuni spettacoli. Saranno recuperati?

«Sono saltate le repliche di ‘Arsenico e vecchi merletti’: idealmente pensavo sarebbe stato gradito al pubblico dei nostri abbonati storici. Ed anche ‘La classe’, pensato per il pubblico più giovane. Per fortuna, è andato in scena ‘Purgatorio. La notte lava la mente’, già annullato questa estate. Il rischio, comunque, c’è stato a causa di un attore risultato positivo: il giorno prima del debutto, è stato sostituito da un altro della Compagnia senza che ne risentisse la qualità dello spettacolo. Non penso che i due spettacoli verranno riproposti nella prossima stagione. Abbiamo titoli e compagnie che non vedono l’ora di presentarsi al pubblico di Siena».

Parliamo della stagione 2022-2023.

«Sarà molto più corposa, numericamente parlando, di quella realizzata in emergenza e che si sta per concludere. Come era nei miei intendimenti il giorno in cui mi sono insediato, sarà varia di temi e stili. Questa strategia servirà a recuperare una parte del pubblico tradizionale che quest’anno è un po’ mancato, continuando l’investimento sui giovani che ha dato segnali incoraggianti. L’Agis nei suoi documenti statistici ha stimato che la perdita di utenza dei teatri a livello nazionale quest’anno sia stata del 50 per cento. È importante ricordarlo per avere una giusta visione del lascito della pandemia. Ovviamente il tema di come sarà la prossima stagione, sarà oggetto di una conferenza stampa che faremo, si spera, verso fine giugno».

E si pensa all’estate. Dopo il bel cartellone in Piazza Duomo nel 2021, i Teatri di Siena replicheranno quest’anno?

«Ripetere quel luglio agosto non sarà fattibile. Le precedenti condizioni di sicurezza pubblica hanno fatto sì che non si corressero i Palii. Questo ci ha responsabilizzati nel cercare di coprire questa mancanza di socialità. Siena, immagino che ora abbia un grande e legittimo desiderio di rituffarsi nelle sue ritualità e tradizioni più antiche. Molte energie saranno impegnate in questo. Così come molti spazi cittadini. Faremo perciò una stagione utile a continuare il nostro rapporto con i ragazzi e non; ci inventeremo eventi in sintonia con le ‘feste’ che animeranno la città nel periodo estivo. Stiamo studiando insomma come renderci armonici con l’ondata di entusiasmo contradaiolo che accenderà, dopo due anni di torpore, ogni più nascosto angolo di Siena».

La sua direzione artistica dei Teatri di Siena è adesso una costante del nostro panorama culturale. Il binomio Alessandro Benvenuti – Teatri di Siena è parte dell’immaginario collettivo di questa città? E lei fiorentino metropolitano, si considera un po’ senese?

«A questa ultima domanda le ho già in parte risposto parlando di ‘Benvenuti in casa Gori’. Non è mai facile per me entrare in sintonia con un luogo o una comunità attraverso la condivisione di un credo o un pensiero che non sia il mio. E Siena, forse, più di altre comunità, pretende questo. Così come mi è difficile far finta di accettare storie di altri recitando che, per far cosa gradita, siano anche mie. Ma sono legato a questo luogo, oltre che per il mio impegno di direttore artistico e per la tenerezza di essere stato battezzato contradaiolo del Bruco a 70 anni, da fatti antichi di amicizie intense e amori. Qui ho vissuto momenti importanti ed emozioni cercando sempre l’onestà nel rapportarmi ai senesi. Apprezzandone la schiettezza quando lo è veramente, e non facendomi turbare dai veleni che ogni maledetto toscano, purtroppo o per fortuna, ha dentro di sé. Quindi non so se sono diventato parte dell’immaginario collettivo della città. Certamente la rispetto. Sono responsabile e consapevole dei soldi che, per conto del Comune, ‘gestisco’ per la cultura e cerco di rendermi utile nel modo più efficace possibile, senza essere appariscente. Dovessi darmi un voto usando antiche misure, direi che merito 6 più. Mi auguro che in futuro il destino non porti altri sgradevoli imprevisti così da tentare di arrivare almeno al 7 meno meno».

Inizio spettacolo alle 21; replica sabato 9 e, alle 17, domenica 10 novembre (www.teatridisiena.it).

 

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