Un concorso internazionale, oltre 2400 partecipanti che hanno presentato 5000 proposte di logo. Il risultato è la parola “Firenze”, scritta in quattro colori e quattro lingue, latino, inglese, tedesco e spagnolo, con evidenziate in maiuscolo al loro interno le lettere che compongono il nome della città in italiano. Questo il nuovo brand del capoluogo toscano, vincitore in un concorso internazionale al quale hanno preso parte 2.451 progettisti di numerosi paesi del mondo con oltre cinquemila proposte. A crearlo è stato il graphic manager fiorentino Fabio Chiantini.

Firenze in un cruciverba Il logo è costituito da quadrato, entro cui è allineata la sequenza delle versioni del nome della città nelle lingue più parlate nel mondo, costruisce un cruciverba visivo immediato e accattivante, che restituisce il nome e la suggestione di Firenze. L'incipit prende le mosse dall'antico etimo della città, istituendo dunque un legame con la tradizione culturale.

Il giglio non sarà rimpiazzato ma piovono le critiche La maggior parte delle proposte sono arrivate dall'Italia (4.865), quindi dal Regno Unito (20), Francia (15), Germania e Usa (14), Brasile (13) e da tanti altri paesi del mondo. «Il nuovo brand non sostituisce lo storico simbolo di Firenze, il giglio, ma verrà utilizzato a fini di marketing, promozione, cultura – ha sottolineato l'assessore al turismo, Sara Biagiotti -. A tale scopo la commissione ha scelto questo logo perché rappresenta Firenze come città dei popoli e nella sua unicità». La Rete però non ha tardato troppo a scatenarsi in commenti fortemente critici: c’è chi dice che il nuovo logo pecca di originalità e chi storce il naso perché oltre “Firenze” la parola che più salta agli occhi è “Renzi”.

Il nuovo logo e le opinioni frettolose «Che noia, che barba… il solito tiro al piccione, l’ondata di critiche che parte immediatamente sui social, sui siti di informazione e poi sui giornali ogni volta che una città – stavolta è Firenze – presenta il proprio marchio da utilizzare a fini turistici». E’ questo il commento di Roberto Guiggiani, presidente di Paim Turismo. «Che noia, che barba… la solita cartellina in .pdf preparata dallo studio grafico – spiega – , sempre tecnicamente impeccabile, con il logo a colori, in bianco nero, declinato su gadget, magliette, borse. Ogni volta il solito copione banale di opinioni: il logo è brutto, è banale, non è all’altezza di una città così bella, anche io l’avrei saputo fare meglio. Oppure, al contrario: è bello, è pulito, è innovativo. E poi arriva – inesorabile e inevitabile – il paragone con il logo di New York, I Love NY (quello con il cuore, per intenderci), soprattutto perché è l’unico che tutti conoscono. Un logo turistico di una città o di un paese (come il sole di Mirò adottato dalla Spagna, anche qui per citare il caso più famoso) non va giudicato se è bello o brutto. Ma se funziona o non funziona. E il successo dipende non dalla qualità estetica, ma dal lavoro di promozione del marchio che verrà fatto negli anni. Ma ahimè, il progetto di diffusione del marchio, a livello mondiale e in città, non viene mai presentato, perché fare un progetto di comunicazione, promozione ed organizzazione della città, legato a quel logo – si chiama, in sintesi, politica di destinazione turistica – è un lavoro complicato e costoso, che va condiviso fra amministratori ed operatori, sotto la guida di un team di esperti. I love NY non è né bello, né brutto: è un marchio che funziona, perché è stato fatto un ottimo lavoro, per tanti anni di seguito, abbinando la promozione a profondi cambiamenti nella città. E lo stesso si può dire di I AMsterdam per fare un altro esempio di successo. Conclusione: il giudizio sul logo di Firenze va dato non dopo cinque minuti, ma fra cinque anni, quando avremo visto se sarà stato promosso e comunicato bene oppure no».

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