PRATO – Un protocollo d’intesa contro lo sfruttamento nel mondo del lavoro è stato presentato e firmato al Palazzo di Giustizia di Prato.
Il documento, che mette al centro la prevenzione e il contrasto delle nuove forme di schiavitù lavorativa, nasce dall’impegno congiunto di una rete ampia e trasversale di soggetti istituzionali e del terzo settore.
L’iniziativa, definita dal procuratore Luca Tescaroli come un “segno concreto di civiltà giuridica”, mira a proteggere chi denuncia, offrendo assistenza, sicurezza e dignità. Il cuore del protocollo introduce una misura innovativa: un permesso di soggiorno per le vittime di sfruttamento che decidono di collaborare con le autorità. È la prima volta che una previsione di questo tipo viene codificata in Italia, con particolare attenzione al contesto pratese, dove il fenomeno ha assunto contorni di emergenza strutturale.
Nel distretto del Macrolotto, polo industriale della zona, si concentra una rete di centinaia di aziende tessili spesso riconducibili a imprenditori di origine cinese. Qui si lavora senza orari, senza diritti e senza protezioni, tra turni massacranti, salari da fame e fabbriche trasformate in dormitori. Il procuratore Tescaroli ha definito tale realtà una moderna forma di schiavitù, sottolineando che Prato è diventata simbolo di uno squilibrio tra produzione e diritti.
Il protocollo coinvolge una vasta gamma di attori: la Regione Toscana, il Comune di Prato, la Procura pratese, le forze dell’ordine, l’Ispettorato del lavoro, l’Azienda sanitaria locale (Asl), l’Inps e diverse realtà del Terzo settore impegnate nell’assistenza ai migranti e nella tutela dei diritti. A chi decide di collaborare con le autorità, non saranno negati servizi: supporto legale, interpreti, assistenza sanitaria, alloggio e inserimento lavorativo, senza costi per l’interessato. Il percorso è pensato per essere guidato, umano e sicuro, fungendo da ponte tra il sommerso e la giustizia.
Sul fronte repressivo, le autorità mantengono alta l’attenzione su una rete criminale di matrice cinese capace di alimentare un’economia parallela basata sullo sfruttamento e sulla concorrenza sleale nei settori tessile, logistico e produttivo. Tescaroli ha riferito che non si tratta solo di fabbriche abusive, ma di un sistema organizzato, spesso transnazionale, che alimenta illegalità, violenza e omertà. Tra gli obiettivi anche imprenditori italiani, ha spiegato il procuratore, che sfruttano lavoro nero e condizioni disperate per massimizzare i profitti, diventando complici di un’economia disumana.
La Regione Toscana intende trasformare questa esperienza in una base per una legge nazionale. Il presidente Eugenio Giani ha annunciato l’intenzione di coinvolgere i parlamentari toscani per promuovere una normativa analoga a quella già esistente per i collaboratori e i testimoni di giustizia. «È un passo importante, concreto e profondamente giusto il protocollo sullo sfruttamento lavorativo, firmato dalla Procura della Repubblica, dalla Regione Toscana, dal Comune di Prato e da tutti i soggetti istituzionali e sociali impegnati in prima linea nella tutela dei diritti», ha commentato Giani. Ha inoltre ringraziato Tescaroli per l’impegno nel coniugare giustizia e umanità, auspicando che la Toscana resti schierata dalla parte della legalità, del lavoro dignitoso e della dignità delle persone.
Il messaggio da Prato è chiaro: denunciare è possibile, ora anche sicuro. Le istituzioni si fanno carico di sostenere chi rompe il silenzio, abbattendo il muro di paura che per troppo tempo ha tenuto nell’ombra migliaia di persone. Tescaroli ha chiuso osservando che si tratta di un modello innovativo che unisce giustizia e umanità: non basta punire gli sfruttatori, bisogna offrire una via d’uscita reale a chi ne è vittima, costruendo un’alternativa basata su legalità, solidarietà e rispetto.