Nuova udienza a Siena del processo sulla ristrutturazione del derivato Alexandria scaturito dall'inchiesta sul Monte dei Paschi. Il primo testimone di oggi è l’ad di Mps Fabrizio Viola. Per la prima volta in aula anche l'ex dg Antonio Vigni che entrando in Tribunale ha detto: «Partecipo serenamente al processo». Vigni, con l'ex presidente Giuseppe Mussari e all'ex capo area finanza Gianluca Baldassarri sono accusati di aver “occultato” il mandate agreement stipulato da Mps con Nomura (leggi)

Stretta di mano tra Viola e Vigni Lo scandalo che ha interessato Banca Monte dei Paschi di Siena «ha portato un grave danno reputazionale per l'Istituto». Lo ha detto l'ad di Rocca Salimbeni, Viola, sentito come teste per tre ore  nell'udienza del processo della ristrutturazione del derivato Alexandria. Al termine della deposizione, Viola lasciando l'aula ha dato una pacca sulla spalla di Vigni e i due si sono stretti la mano.

L’ad: «Prima di trovare mandate erano in corso trattative con Nomura» Viola ha risposto a tutte le domande dei pm e dei difensori confermando, prima di tutto, che il mandate agreement, il contratto stipulato da Mps con Nomura per la ristrutturazione di Alexandria, venne ritrovato nella cassaforte dell'ex dg Vigni solo il 10 ottobre 2102. Ma l'ad ha anche confermato che l'uscita dalla banca di Gianluca Baldassarri, da lui decisa «anche se poi fu consensuale» nel mese di febbraio ci fu «quando venne a conoscenza della sua attività con broker privati (in particolare con Enigma) che mal si confaceva all'operatività di Mps». Il costo per esodare Baldassarri fu di 830 mila euro, oltre ad una lettera di ''encomio'' firmata dall'ex presidente di Mps Mussari. Solo dopo il 10 di ottobre ci fu in banca la certezza, ha spiegato ancora Viola, che l'operazione con Nomura era collegata all'acquisto di btp 2034 e quindi «che avrebbe avuto effetti sul bilancio economico e finanziario». Proprio in conseguenza di questo la banca interruppe le trattative che erano in corso con i giapponesi già dall'estate 2012 per una eventuale ricollocazione di tutta l'operazione legata ad Alexandria. In realtà il costo dell'operazione con Nomura fu certo solo «il 27 novembre 2012 – ha proseguito l'ad – quando arrivò un e-mail di un dirigente di Nomura nella quale si identificava il costo dell'operazione in 200 milioni di euro». E se lo scandalo Mps ha causato alla banca«danni reputazionali molto gravi» secondo l'ad le operazioni sui derivati Alexandria e Santorini, «operazioni molto simili tra loro anche se sulla seconda non abbiamo trovato alcun mandate», hanno comportato per la banca la necessità di rivedere il bilancio prima di tutto con l'aumento di 500 milioni di euro dei cosiddetti Monti bond.

Fanti: «Mussari e Vigni non hanno mai avuto screzi» Sulla lettera di encomio per Baldassarri e firmata da Mussari a fare luce è il secondo testimone di giornata, Valentino Fanti, capo della segreteria dell’ex presidente. «La lettera di encomio firmata da Mussari su Baldassarri la scrisse lo stesso Baldassarri e Mussari un po' la edulcorò» ha detto Fanti. L’ex capo della segreteria ha anche specificato in aula che «sulle questioni di un certo livello Vigni si confrontava sempre con Mussari, non hanno mai avuto screzi». Non solo, Fanti ha anche ricostruito due conversazioni tra l’ex Dg e l’ex presidente, nella prima Vigni diceva a Mussari che «c’era l’esigenza di intervenire sul derivato Alexandria in potenziale rilevante perdita» nella seconda che «c’era la necessità che l’allora presidente parlasse con Nomura in merito alla ristrutturazione». Quest’ultima conversazione precedette la famosa conference call tra Mps e Nomura.  

Mandate agreement trovato prima nel protocollo informatico Fanti spiega anche che la cassaforte dentro la quale, secondo l’accusa, è stato occultato il mandate agreement tra Mps e Nomura, «è rialzata, si trova in una stanzina adiacente alla stanza dell’allora dg Vigni e tra i due spazi c’è una porta». L’ex segretario di Mussari svela anche di essere venuto a conoscenza del mandate il 20 settembre 2012 quando dopo una ricerca richiestagli trovo il documento nel protocollo informatico della banca il cui accesso era però limitato. 

Gli ispettori Bankitalia avevano dedotto qualcosa Gli ispettori della Banca d'Italia ai quali, durante le ispezioni condotte fra il settembre 2011 e il marzo 2012, non venne mostrato il mandate agreement, avevano comunque dedotto che ci fosse un collegamento fra l'operazione Btp 2034 e la ristrutturazione di Alexandria.  E' quanto emerso durante l'audizione dell'ispettore di Banca d'Italia Giampaolo Scardone, chiamato in aula come teste. Scardone ha ricostruito l'attività ispettiva condotta su richiesta della Consob relativa principalmente «alla situazione della liquidità della banca» che emerse come «oltremodo critica». Scardone ha ricordato che «vennero esibiti i contratti per cui Nomura aveva, per conto di Mps, costituito un contingente di titoli poi finanziato con l'operazione di long term REPO», mentre non vennero mostrati il mandate agreement e i documenti relativi alla ristrutturazione di Alexandria.
 
Dubbi sulla necessità del mandate Gli ispettori della Banca d'Italia, secondo quanto ha riferito Scardone, hanno successivamente posto la loro attenzione su «un'operazione fatta da Mps nello stesso periodo e con la stessa controparte, Alexandria. In via deduttiva – ha aggiunto – abbiamo ritenuto che vi fosse un collegamento» del long term REPO «con Alexandria, ma è un aspetto rimasto irrisolto perché non avevamo il mandate agreement che avrebbe consentito di capire che Mps stava pagando una commissione a Nomura». Scardone ha aggiunto che gli ispettori si sono «limitati a segnalarlo alla Consob». La difesa dell'ex presidente Mussari ha replicato che il collegamento fra le due operazioni risultava dai documenti esibiti da banca Mps agli ispettori della Banca d'Italia durante le ispezioni e allegate dagli stessi ispettori alla relazione inviata alla Consob. Secondo l'avvocato Fabio Pisillo«non c'era nessuna necessità del mandate agreement per comprendere il collegamento negoziale fra le due operazioni, in quanto risultava già chiaro dalla documentazione fornita da Mps nel corso delle ispezioni».

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