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FIRENZE – Il latte umano donato rappresenta il principale sostituto del latte materno per i neonati più vulnerabili: Prematuri, piccoli affetti da gravi patologie o bambini nati in situazioni di emergenza.

A livello globale, esistono oltre 750 banche del latte umano che ogni anno raccolgono più di un milione di litri, destinati a circa 800.000 neonati.

Italia Leader in Europa, ma la Distribuzione è Disomogenea

Con 44 banche attive, l’Italia si conferma il primo paese in Europa per numero di strutture dedicate, seguita da Germania (37) e Francia (36). Tuttavia, solo un neonato fragile su tre nel nostro Paese riesce ad accedere a questa preziosa risorsa. A mancare, sottolineano gli esperti, è una rete nazionale che garantisca una distribuzione omogenea del latte donato.

A ricordarlo è la campagna di sensibilizzazione promossa in occasione della Giornata Mondiale della Donazione del Latte Umano, che si celebra il 19 maggio. “Per i neonati vulnerabili, che non possono ricevere il latte della propria mamma, il latte umano donato può essere una vera e propria medicina salvavita. Grazie ai suoi effetti protettivi, rappresenta un ponte nutrizionale terapeutico fino a quando non sarà possibile un’alimentazione materna o non sarà superato il periodo critico”, spiega Massimo Agosti, presidente della Società Italiana di Neonatologia.

Numeri in crescita, ma il Fabbisogno Resta Insoddisfatto

Secondo i dati raccolti dall’Associazione Italiana Banche del Latte Umano Donato (Aiblud), nel 2024 si è registrato un aumento delle mamme donatrici (1.523), del volume di latte raccolto (quasi 10.000 litri) e della durata media della donazione (137 giorni). “Nonostante questi progressi, il fabbisogno non è ancora soddisfatto, perché la distribuzione delle banche è ancora troppo disomogenea”, spiega Guido Moro, presidente di Aiblud. Attualmente, solo il 32% delle banche è in rete tra loro e appena il 50% opera secondo una normativa regionale.

Verso una Rete Nazionale

La speranza degli esperti è che tutte le Regioni italiane adottino al più presto una regolamentazione specifica, per poi passare alla creazione di una rete nazionale. Alcune regioni, come la Toscana, hanno già risolto il problema; altre, tra cui Veneto, Sicilia e Calabria, stanno lavorando in questa direzione attraverso delibere regionali o proposte organizzative, come nel caso della Puglia.

L’obiettivo è chiaro: garantire a tutti i neonati fragili del Paese pari accesso a una risorsa che, per molti di loro, può fare la differenza tra la vita e la morte.

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