Mafia: Dia Catania confisca beni per tre milioni di euroBancarotta fraudolenta, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori: queste le accuse mosse dalla Direzione Investigativa Antimafia (Dia), nei confronti di 22 persone, definite come «associazione a delinquere». La Dia di Genova, coadiuvata dalle articolazioni di Milano, Torino e Firenze, ha eseguito otto provvedimenti restrittivi (sette le persone finite in carcere e una ai domiciliari)  e denunciato in stato di libertà altri 14 soggetti, tra cui due curatori fallimentari sospesi per sei mesi dall’esercizio della professione. Le indagini sono coordinate dalla Procura della Repubblica di Piacenza.

Sequestri anche in Toscana Eseguiti inoltre sequestri preventivi di numerose società e beni aziendali, conti correnti bancari, fabbricati, beni immobili e mobili registrati, secondo gli inquirenti illecitamente accumulati, situati nelle province di La Spezia, Massa Carrara, Milano, Piacenza, Prato, Lodi e Siena. 150 milioni di euro il valore complessivo dei sequestri, tutti beni riconducibili al gruppo industriale piacentino Dorini, operante nel settore della vendita e assistenza post-vendita di veicoli commerciali Volvo, con ramificazioni in quello immobiliare.

Le indagini «Un’organizzazione che offriva agli imprenditori uno strumento “chiavi in mano”, che prevedeva la fornitura di prestanome per l’intestazione e le cariche della società e per la costituzione di società intermedie, così da far transitare i beni in più passaggi, fino a farli confluire in una società finale», hanno spiegato in conferenza stampa il Pubblico Ministero Roberto Fontana, affiancato dal Procuratore della Repubblica Salvatore Cappelleri e dal colonnello Sandro Sandulli, della Dia di Genova. Secondo le indagini, partite a fine 2014 e che si sono avvalse anche di intercettazioni ambientali, l’attività delle persone coinvolte nel sodalizio era finalizzata allo svuotamento patrimoniale delle società in stato di insolvenza, trasferendo nel contempo i beni in aziende di nuova costituzione le cui quote erano intestate a soggetti di fiducia. «La società, fisicamente o con atti giuridici, veniva “svuotata” e poi deliberato il trasferimento della stessa in Bulgaria, dove veniva aperto un piccolo ufficio e costituita una società, con cui poi veniva fusa la società italiana, facendo venir meno la giurisdizione in materia fallimentare del paese d’origine», hanno detto i magistrati. Un meccanismo che, per gli investigatori, serviva quindi a impedire il conseguente esercizio dell’azione penale per il reato di bancarotta fraudolenta e «a garantire l’impunibilità», oltre che una frode nei confronti dei creditori, a il cui patrimonio della società funge da garanzia. «Quando la Dia ha capito che c’era una dismissione non corretta, ne ha subito colto la valenza segnalandola alla Procura competente giusto in tempo perché mancava poco al trasferimento effettivo della società in Bulgaria. Un’indagine nella quale un avvocato e un commercialista vengono indicati come il motore di un’associazione a delinquere e dove altre figure professionali saranno poi valutate, al fine di verificare la regolarità delle loro condotte, pone un problema: è una riflessione che riporto a questi ordini professionali, al fine di verificare se qualcosa non funziona», ha commentato il Procuratore della Repubblica di Piacenza.

Un’inchiesta condotta tra Piacenza e La Spezia L’investigazione, denominata “Grecale ligure” si è sviluppata quale segmento di altre due precedenti filoni d’inchiesta. La prima nell’ambito di un procedimento penale della Procura della Repubblica di La Spezia, per intestazione fittizia di beni, con l’obiettivo strategico di colpire la presenza della realtà criminale mafiosa di matrice calabrese nella provincia spezina. Ha poi avuto origine la seconda fase, confluita in due distinti procedimenti penali coordinati dalle Procure di La Spezia e di Piacenza, nei confronti di un imprenditore e di un narcotrafficante legato alla `ndrangheta, nonchè di altre persone ad essi collegate, per trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta. Questo segmento investigativo si è concluso con l’esecuzione di sei ordinanze di custodia cautelare. Tra gli arrestati anche un avvocato di La Spezia in rapporti con un appartenente alla cosca di ‘ndrangheta “Grande Aracri”, operante in Calabria e nel nord Italia.

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