«Il diritto di cronaca è cosa diversa dal raccontare una storia come se fosse la narrazione di un amore non corrisposto nella quale empatizzare con chi vede deluse le proprie aspettative. Quella di Elisa Pomarelli è un’altra triste storia che confonde amore con possesso e è esistata in un omicidio. C’è una ragazza uccisa, una famiglia che ha perso una figlia, una sorella, una nipote e che, sicuramente non meritava di vedere definito il reoconfesso omicida come “gigante buono“». A sottolinearlo Lauro Mengheri, presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana.

Il presidente Mengheri: «Ci vuole rispetto per le vittime» «Come spesso accade – spiega Mengheri – sono state tirate in ballo pubblicamente questioni personali della vittima, come se accettare di uscire con una persona da amici significasse illuderla, come se non avesse diritto alle sue scelte, che siano di amicizie o di amori, come se portare la minigonna o rifiutarsi di farlo, possa rappresentare una giustificazione alla violenza. Ci vuole rispetto per le vittime di questa storia e le famiglie coinvolte. Occorre un linguaggio corretto e capace di contrastare la violenza sulle donne, come indicato nella convenzione di Istanbul. Le cose vanno chiamate con loro nome – prosegue Mengheri – perché anche le parole creano cultura e per costruire un mondo più sensibile, più attento e rispettoso delle differenze, che vuole promuovere salute e benessere, occorrono parole che contrastino e che condannino in maniera decisa ogni forma di discriminazione e violenza. Elisa Pomarelli è stata uccisa, dobbiamo fare in modo che non succeda mai più».

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