“Come si fa – ed è solo l’esempio più eclatante – a indicare tra le aree possibili quella di Pienza, patrimonio dell’umanità per l’UNESCO?”. A chiederselo Massimo Scalia, presidente della Commissione scientifica sul Decommissioning, costituita nel 2013 col compito di fornire informazione tecnico-scientifica sulle questioni connesse alla gestione delle scorie radioattive e di seguire l’azione delle istituzioni preposte e del Governo sul tema dello smantellamento nucleare.

Adottare stringenti criteri tecnici era doveroso, ma allora è bizzarro aver inserito nella CNAPI anche aree nelle isole, per le quali agli altri rischi si somma quello del trasporto delle scorie via mare. E poi, non bastano i meri criteri tecnici” come nel caso di Pienza.

“In ogni caso – prosegue Scalia – è bene che ci sia finalmente una carta pubblica dei siti. E va riconosciuto alla Sogin, che abbiamo aspramente e motivatamente criticato in varie occasioni, di aver questa volta adempiuto ai suoi compiti.” Tuttavia, precisa ancora il presidente “Non è ammissibile che gli stakeholders abbiano solo 60 giorni di tempo per fare osservazioni su una materia che ha richiesto al Governo 5 anni, per di più con le limitazioni ora imposte dal Covind-19. La consultazione pubblica deve avere il tempo che serve”.

Nei convegni nazionali che la Commissione ha organizzato con i soggetti portatori di interessi qualificati, a partire dai comitati cittadini sorti nelle localizzazioni delle scorie radioattive, è stato motivato con chiarezza il rifiuto che al Deposito nazionale per le scorie di bassa e media attività venisse associato il “Parco tecnologico”, figlio dell’epoca in cui si tentò ancora il rilancio del nucleare definitivamente sconfitto col referendum del 2011. Eppure, il ‘Parco tecnologico’ è ben presente nella documentazione oggetto della consultazione. “Faremo pervenire alla Sogin le nostre osservazioni”, conclude Scalia.

 

 

 

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