Le-Scotte1.jpgSulla scuola dell’infanzia all’Ospedale delle Scotte l’impressione, forte, è quella di una grossa e vergognosa presa in giro. Dopo il provvedimento di chiusura della sezione ospedaliera di scuola dell’infanzia, l’incredulità e le proteste di tante persone, le baruffe politiche, il rimpallo di responsabilità, le rassicurazioni, i toni virtuosi, siamo arrivati a una conclusione che sa davvero di beffa: una beffa ai danni dei bambini e dei genitori che vivono l’esperienza, spesso drammatica, dell’ospedalizzazione di lungo periodo.
Perché la scuola dell’infanzia sulla carta è aperta, sì, ma nel concreto mancano le insegnanti. Non ci sono, non sono state nominate e di conseguenza quelle che c’erano sono state costrette a chiedere il trasferimento: hanno ricevuto, infatti, una “notifica della posizione di soprannumerarie” e la richiesta di “provvedere al trasferimento d’ufficio per il prossimo anno scolastico 2016-2017”. Detto in parole povere, le apparenze sono salve, ma la sostanza è ben diversa.

Le maestre precisano Le maestre dell’infanzia ospedaliera tengono a dire che la loro denuncia non è una questione personale, ma un’esigenza di attenzione verso i bambini ai quali hanno dedicato anni di professionalità ed esperienza.
Paola Innocenti e Lucia Mugnai, nella lettera che hanno reso pubblica e che ripercorre le tappe principali di questa brutta vicenda – lo hanno chiamato “la vergogna del pasticcio perfetto”, che si è consumato da un lato nel silenzio, quasi di nascosto, dall’altro in alti proclami dove si assicurava che era tutto a posto, tutto risolto, quando tutto, a posto, non era proprio.
Il silenzio è la riservatezza sono stati di chi ha avuto a vario titolo un ruolo attivo nella vicenda. Da chi ha firmato il provvedimento a chi, da noi più volte sollecitato, non ha mai risposto alle nostre domande.
I proclami sono quelli di Stefano Scaramelli, che a suo tempo aveva dichiarato: “Esprimo grande soddisfazione per l’intervento dell’assessore all’istruzione della Regione: con quest’atto dimostra di avere a cuore il tema della protezione di queste esperienze formative dedicate ai più piccoli. È in occasioni come queste che la politica diventa una bella cosa, uno strumento capace di prendere decisioni sulla base di valori, ideali, programmi a lungo termine”.
Le rassicurazioni sono quelle dell’assessore regionale Grieco: “Per il prossimo anno non ci saranno cambiamenti presso la scuola dell’infanzia presso il Policlinico “Le Scotte” di Siena”.
L’indignazione Al lato c’è stato il coro di indignazione di tante persone comuni, genitori dei bambini malati, oltre alla solidarietà del primario della Pediatria, dell’assistente sociale, del Direttore generale dell’azienda. Tutto questo non è servito a ristabilire la scuola materna alle Scotte, che – si argomenta – “non è la scuola dell’obbligo”, ma che indubbiamente e in tutta evidenza resta di un’importanza molto rilevante.
La scuola ci sarà, certo. I bambini della scuola dell’infanzia – circa 500 all’anno – saranno appoggiati a quelli – circa 700 all’anno – della scuola primaria. Saranno messi insieme, come se i bisogni di un bambino di 4 anni fossero uguali a quelli di uno che ne ha 8. Dicono le maestre Paola Innocenti e Lucia Mugnai: “Quindi, secondo i nostri amministratori, non importa chi lavora con i più piccoli: non è importante sviluppare delle competenze specifiche, chiunque può farlo”.
Non c’è bisogno di avere studiato pedagogia per capire che le tre maestre della scuola elementare, pur con tutta la buona volontà e la migliore professionalità, non potranno rispondere completamente a esigenze così diverse. E che ad essere penalizzati nella didattica saranno, da un lato, i bambini della scuola dell’infanzia e dall’altro forse anche quelli delle elementari, dato che in tutto i piccoli da seguire saranno più di mille.
La scuola all’ospedale si rivolge a reparti pediatrici come Oncoematologia, Oculistica e Neuropsichiatria, ma è un servizio del quale tutti i bambini ospedalizzati possono usufruire: un servizio, anche la scuola dell’infanzia, che ha bisogno di personale qualificato, perché non è accoglienza e intrattenimento, ma si fonda sullo sviluppo di competenze che saranno preziose quando, dopo degenze anche molto lunghe, un bambino dovrà essere reinserito nella scuola. Senza contare che all’ospedale, più che altrove, il gioco, l’espressività e il tempo disteso sono fondamentali.
Affermano ancora le maestre: “La scuola dell’infanzia in ospedale è una scuola di vita, di educazione, di crescita nella quale le esperienze quotidiane si amplificano e si colmano di valori di umanità. La scuola dell’infanzia in ospedale è una scuola a tutti gli effetti con la sua progettazione, con percorsi individualizzati di rafforzamento delle competenze, con l’opportunità di apprendere da diverse etnie e culture, dove in tutto questo l’insegnante fa da mediatore, da stimolo e da osservatore costante”.
Con l’abolizione – non di nome, ma di fatto – della scuola dell’infanzia si risparmieranno gli stipendi delle sue maestre, circa cinquantamila euro lordi all’anno. Evidentemente il benessere e lo sviluppo pedagogico dei bambini ricoverati alle Scotte valgono meno.

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