Senza_vincitori_ne_vinti2-640x372Diretto da Alessio Pizzech, scritto da Mario Rigoni Stern e Francesco Niccolini, “Senza vincitori né vinti” arriva domenica 15 febbraio sul palco al Castello Pasquini di Rosignano Marittimo (Livorno -ore 17.15). Sul palco ci sono Paolo Bonacelli e Giuseppe Nitti.

Né vincitori né vinti È raccapricciante quello che accadde in Europa tra il 1914 e il 1918. Seicentocinquantamila ragazzi italiani, per la maggior parte di età compresa tra i 18 e i 20 anni, provenienti da tutte le regioni d’Italia, spesso in difficoltà con l’uso di una lingua comune che non conoscevano, morirono lungo un fronte di ottocento chilometri, che dal Trentino andava fino all’Isonzo. Fu una carneficina che tuttora è difficile spiegare (e accettare), in un contraddittorio guazzabuglio di errori, sottovalutazioni, interessi privati e personali, profitti industriali e carriere militari, che fecero di questi milioni di soldati d’ogni provenienza una tragica e indistinta montagna di carne da macello. Provare a rileggere, novant’anni dopo, quegli eventi è una esperienza che illumina di una strana luce tutto quello che è seguito, pone domande che non sempre trovano risposta, e al tempo stesso apre la strada alle follie criminali che investirono l’Europa e poi il mondo. Fra gli autori italiani che più hanno scritto sulla prima guerra mondiale, indubbiamente c’è Mario Rigoni Stern, con i suoi “Racconti di guerra”, e con i due romanzi brevi, i capolavori “L’anno della vittoria” e soprattutto “Storia di Tönle”, dove la guerra viene raccontata attraverso la fulminante esperienza di un civile, contadino ottantenne originario dell’Altipiano d’Asiago. Attraverso sei mesi di studi, interviste e approfondimenti affidati a Francesco Niccolini, drammaturgo e scrittore noto per le ricostruzioni scritte per Marco Paolini, la storia del vecchio Tönle Bintarn si è allargata ed è divenuta un racconto teatrale a più voci. Questo lavoro cerca di tenersi lontano dalla retorica e da ogni voglia di celebrazione, sprofondato nel disgusto per un bagno di sangue ingiustificabile, e al tempo stesso impegnato a non rimuoverne l’orrore e la memoria.

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