FIRENZE – “Finanzieremo lo studio di fattibilità di 2 milioni di euro per progettare un’opera di invaso a San Piero in Campo, nel comune di Radicofani in Val d’Orcia, che può arrivare a 17 milioni di metri cubi d’acqua: sarebbe il terzo lago artificiale della Toscana dopo Montedoglio e Bilancino”. L’annuncio è di Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana.

San Piero in Campo, l’invaso dimenticato in Val d’Orcia può ripartire

“Certo dobbiamo partire dallo studio di fattibilità – ha proseguito – ma c’è un’elaborazione già in corso, quindi è un obiettivo da inserire nel piano che il ministro Giovannini ha varato, e prima della fine della legislatura approverà, proprio sulle strutture che da un punto di vista idrico possono contrastare la siccità.

La Giunta regionale, ha ricordato Giani, “lunedì ha approvato lo stanziamento di 500mila euro per far fronte alle emergenze, ai danni subiti per gli incendi in Toscana; per gli agricoltori a questo seguirà nelle prossime settimane l’individuazione di una cifra che vuole essere di circa 2 milioni di euro, da attingere a livello nazionale proprio con la dichiarazione di stato d’emergenza che abbiamo fatto”.

L’obiettivo del presidente toscano è di inserire l’opera nel piano che il ministro alle infrastrutture licenzierà prima della fine della legislatura. Si lavora, aggiunge, anche a procedure più snelle per realizzare invasi privati o laghetti per trattenere le acque piovane o regimare i corsi d’acqua, per favorirne un uso agricolo ma anche potabile.

“Esprimo soddisfazione per quanto comunicato dal presidente Eugenio Giani sullo studio di fattibilità per l’invaso di San Piero in Campo. Un progetto che mi trova in piena sintonia con la regione” ha detto il sindaco di Radicofani Francesco Fabbrizzi. L’opera, avviata tra il 1970 e il 1976 per un costo di 20 miliardi di lire non fu mai completata e i lavori furono bloccati nel 1986.

“E’ evidente agli occhi di tutti che senza acqua non si può andare avanti – ha detto il sindaco – Anche se grossi problemi ad uso potabile finora non ne abbiamo avuti, in conseguenza dei cambiamento climatici, in futuro non sappiamo cosa potrà accadere. L’invaso potrebbe rappresentare un polmone per le emergenze. Mentre sull’uso irriguo è del tutto evidente che è quanto mai indispensabile perché così le colture non si possono più mandare avanti”. “Adesso – ha concluso Fabbrizzi – si tratta di capire cosa ci dirà lo studio di fattibilità sul dimensionamento del progetto e poi avviare subito un percorso di condivisione con il territorio rispetto a quella che ormai è un’emergenza non più rinviabile”.

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