FIRENZE – Con il passare dai giorni il dibattito si fa sempre più rovente. Potrebbe sembrare un paradosso, ma la decisione della Regione di obbligare i cittadini a dichiarare gli impianti a biomassa ha alzato le temperature.

L’assessore Monia Monni ha provato a far chiarezza, sottolineando che non previste multe in caso di irregolarità (30 i giorni per mettersi a norma), ma dalla Lucchesia all’Aretino fino al Pratese, gli amministratori hanno contestato la direttiva. Che segue le disposizioni europee sull’inquinamento, imponendo lo stop a stufe e caminetti se determinati limiti di Pm10 vengono superati.

“E’ davvero credibile che l’inquinamento dell’aria nella Piana Lucchese debba dipendere da camini, caldaie a pellet e a biomasse? Per noi no. La giunta Giani vuole fare cassa sulle spalle della gente per nascondere i contini rinvii delle opere che sono necessarie a migliorare la viabilità”, ha sottolineato Massimiliano Baldini, consigliere regionale della Lega, ricordando che in zona ci sono tante aree rurali che usano questi metodi come principale strumento di riscaldamento.

Evidenza ricordata anche da Filippo Vagnoli, sindaco di Bibbiena (Arezzo). “Invierò a breve una nota al Presidente della Regione Toscana e ai nostri rappresentanti in Consiglio regionale come hanno fatto altri colleghi per dire il mio fermo ‘no’ e quello dell’amministrazione che rappresento, a questa direttiva chiedendone l’immediata revoca – ha detto il primo cittadino -. Le ragioni che porto, in sostanza, sono legate alle caratteristiche del nostro territorio che ha una sua specificità e un suo equilibrio. Ancora una volta mi duole notare che, coloro che scrivono le norme, guardano solo una parte della realtà, privando l’altra di dignità”.

E ancora: “Obbligare gli abitanti delle nostre aree montane a un censimento di siffatta natura, oltre che a provocare un allarme, spero ingiustificato, a riguardo di possibili tassazioni, significherebbe passare il messaggio che questo metodo di riscaldamento sia quasi un atto banditesco”.

A protestare non sono solo gli amministratori civici o di centrodestra. La riprova arriva dal pratese. “L’obbligo è stato fissato dalla Regione Toscana e i Comuni non sono stati coinvolti nella definizione delle procedure – hanno puntualizzato Guglielmo Bongiorno (Cantagallo), Primo Bosi (Vaiano) e Giovanni Morganti (Vernio) –. Si tratta di un provvedimento che si pone l’obiettivo di controllare l’inquinamento e di contrastare i danni per la salute ma che è stato gestito in maniera inadeguata e dimostra scarsa attenzione e conoscenza dei luoghi montani, dove tra l’altro molta parte della popolazione è composta da persone anziane, non certo avvezze all’utilizzo degli strumenti informatici”.

Il provvedimento riguarda i generatori alimentati a biomassa con potenza utile nominale inferiore ai 10 kW, installati prima del 15 marzo scorso. Sono invece escluse dall’accatastamento le cucine economiche, ovvero stufe dedicate alla cottura dei cibi e non collegate all’impianti di riscaldamento.

Articolo precedentePiù qualità negli ospedali privati: Agenas boccia il pubblico
Articolo successivoDalle acciaierie a Whirlpool: crisi infinite e le risposte che non ci sono