1260868-giovannifalcone«Noi la mafia non la digeriamo». Lo hanno scritto nell’albero della legalità affisso nella parete dello Spazio Reale a Campi Bisenzio (Firenze). Lo hanno messo in un video i ragazzi dell’istituto comprensivo “Sandro Pertini” di Capannoli, in provincia di Pisa, che scimmiottando e prendendo un po’ in giro MasterChef lanciano un messaggio chiaro: ai cibi ‘corrotti’ dalle mafie meglio la pizza tricolore, «bianca come la purezza dei bambini, rossa come il sangue versato dalle vittime». Il video, premiato alla “Nave della Legalità a Palermo”, ha aperto la ‘piazza’ fiorentina in collegamento con #palermochiamaitalia per il 24esimo anniversario della strage di Capaci dove nel 1992 persero la vita Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Questo ventiquattresimo anniversario ricorda la morte di Falcone, così come la strage di via D’Amelio, quel 19 luglio 1992 quando la mafia strappò alla vita Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Circa mille studenti Ventiquattro anni dopo sono circa mille gli studenti delle scuole medie e superiori toscane, umbre e liguri accorsi nell’auditorium collegato – così come Milano, Gattatico (RE), Pescara, Roma, Napoli, Bari, Barile (PT) – con l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone. Figli del 2mila, questi ragazzi le stragi come quella di via dei Georgofili a Firenze le hanno viste in foto, in video, ne hanno sentito parlare a casa, ci hanno lavorato a scuola. Volti lontani, come quello di Peppino Impastato, ma presenti, attuali. Icone, simboli, con quelle parole d’ordine e che rimandano a quelle vite brutalmente spezzate.

Parole di peso «Coraggio, legalità, futuro, libertà, omertà», dicono i ragazzi in sala se riflettono su quell’impegno, su quell’argine. «Siamo stati a Capaci, dove hanno fatto saltare in aria Falcone. La mafia è il male, ricordare senza lottare è inutile. Non dobbiamo mollare, continuare a lottare, anche qui in Toscana perché non siamo immuni». I ragazzi usano parole dirette, anche sul palco, non c’è spazio per il politichese. E se non bastasse c’è chi lo spiega con quel pepe e quella sfrontatezza in più che non guasta: «La mafia è una montagna di merda, dobbiamo dircelo soprattutto tra noi». Sul palco testimonianze di progetti, lavori fatti in classe, ‘pellegrinaggi’ nei luoghi della memoria ma anche performance artistiche delle varie scuole: balletti del liceo coreutico di Arezzo, concertistica, classica, rap, si canta “Libertà” di Giorgio Gaber, perché «la mafia- dicono – ha più paura della scuola che dei giudici. Con l’istruzione e il saper fare si toglie erba alla criminalità».

Articolo precedenteI furbetti dell’edilizia. Villaggio turistico costruito in un’area protetta, denunciati i proprietari
Articolo successivoArte verde. Firenze, a Palazzo Vecchio “spunta” un giardino nel mezzo del percorso museale