Pisa e Livorno. Basta menzionare queste due città in un’unica frase per aprire all’immaginario collettivo un universo fatto di accese controversie e rivalità. È la Toscana dei campanili, quella che rischia di scomparire con la riforma delle amministrazioni provinciali voluta dal governo Monti e che potrebbe portare a vari accorpamenti a livello territoriale, un po’ come proposto dal governatore, Enrico Rossi, che ha suggerito la divisione in tre macro-aree. Una trasformazione questa che porterebbe proprio all’accorpamento in un’area vasta comprendente Massa, Lucca e, soprattutto Pisa e Livorno insieme (leggi). Una prospettiva che ha già infiammato il dibattito politico tra le due città, soprattutto in vista di quella che dovrebbe esercitare il ruolo di capoluogo. «Ora i politici si sono messi anche a rubarmi il mestiere», ha commentato sarcastico, ma fino a un certo punto, Mario Cardinali, direttore del noto mensile satirico livornese Il Vernacoliere.
 
Ci sono altri problemi Cardinalinon ha risparmiato le critiche verso il botta e risposta tra il presidente della Provincia di Livorno Giorgio Kutufà e il sindaco di Pisa Marco Filippeschi su quale delle due città dovesse diventare capoluogo: «Bisognerebbe che si occupassero di questioni un po' più serie come la disoccupazione, per la quale si registrano dati poco incoraggianti in entrambe le province, e dei problemi reali piuttosto che perdersi in acide dispute. Il campanilismo insomma, quello che fa ridere, lo lascino al Vernacoliere».

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