E’ una Toscana a due facce quella che si è risvegliata dopo il voto per il ballottaggio che ha deciso il candidato premier del centrosinistra (leggi). Con l’affermazione di Renzi che ha conquistato sette province su undici, al di là delle dichiarazioni e della soddisfazione per il risultato complessivo raggiunto con le primarie dal PD, c’è una Toscana che si lecca le ferite e una Toscana che sorride e può guardare al dopo voto con maggiore serenità. Anche se il dato nazionale ha consegnato al PD la vittoria di Pier Luigi Bersani. Una vittoria che non potrà non tenere conto di alcuni rovesci della medaglia, uno dei quali, probabilmente il più significativo, proprio in provincia di Siena dove Matteo Renzi, contro ogni pronostico, ha sbaragliato portando in dote il 57,6% dei consensi. Roba da stropicciarsi gli occhi. E far impallidire chi, segreteria provinciale, sindaci, ex sindaci, deputati, mondo economico aveva dato indicazioni di voto d’altro tipo. Lo sa bene, come spiega ad agenziaimpress.it, Stefano Scaramelli, coordinatore dei Comitati per Renzi e Sindaco di Chiusi, ribattezzata la roccaforte renziana che ieri ha partecipato a Siena ad una riunione con la segreteria provinciale del PD per l’analisi del post ballottaggio.

Un’affermazione netta quella di Renzi in provincia di Siena. Come interpreta l’esito del voto?
«Oggi c’è chi deve prendere atto della sconfitta e deve dare delle risposte politiche. Due, su temi per noi fondamentali e in tempi molto rapidi, quelle che ho chiesto alla segreteria provinciale del Partito e sulle quali ho percepito ampia disponibilità: rispetto ed agilità politica».

Ci vuole spiegare meglio cosa intende?
«Per prima cosa, chi ha saputo meglio interpretare le richieste degli iscritti ricevendo la maggioranza dei consensi deve poter meritare il massimo del rispetto dentro e fuori dal Partito. In secondo luogo non ci vogliamo sentire ospiti a casa nostra, nei nostri territori. Vogliamo che il Partito sia libero di proseguire sulla strada indicata da Renzi, quella della discontinuità. In vista dei prossimi appuntamenti elettorali su Siena e nazionali riusciremo a non avere problemi solo se sapremo parlare alla base con i temi del cambiamento e della discontinuità».

Un risultato, quello senese, nelle premesse nemmeno ipotizzabile?
«Inatteso ma straordinario. Oggi se pensiamo che sul territorio senese Renzi ha ottenuto circa 27mila voti, comprese la oltre 4mila richieste di voto per il ballottaggio non ammesse, su 40mila è evidente come il divario sia enorme e questa è la più grande risposta che la base del partito potesse dare. Renzi è riuscito nell’impresa di veicolare valori quali altruismo e fatica vera che poi altro non sono che i concetti del lavoro di tutti i giorni dei nostri padri in Toscana, contrapposti al concetto di superiorità sull’altro frutto di un vecchio modo di intendere la politica».

Come mai secondo lei Renzi in Toscana e in provincia di Siena è riuscito a sfondare?
«Perché ha detto cose di sinistra. E laddove siamo riusciti a fare leva sulla partecipazione e la mobilitazione il messaggio è arrivato ed è stato premiato dagli elettori. Dove, invece, come al sud la partecipazione e la comunicazione ha fatto fatica a passare non abbiamo sfondato. In quei territori l’Italia ha dimostrato di essere conservatrice, mentre in Toscana e in particolar modo in provincia di Siena c’è un elettorato molto più esigente e maturo, pronto al cambiamento. Di questo la classe dirigente dovrà tenerne conto».

Invece a livello nazionale Bersani ha avuto meno problemi.
«A livello nazionale sapevamo che era una battaglia impossibile, voleva dire andare contro vento, ma è stato bello provarci ed arrivare al ballottaggio. Lo abbiamo fatto con il sorriso e mettendoci la faccia. Adesso con il 40 per cento dell’elettorato del PD pretendiamo rispetto  ma soprattutto ci attendiamo risposte politiche».

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