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SIENA – Laurea magistrale ad honorem in “Antropologia e linguaggi dell’immagine” a Steve McCurry.

L’università degli studi di Siena ha voluto celebrare così una delle personalità più iconiche della fotografia contemporanea e uno straordinario narratore che, attraverso le immagini, ha saputo raccontare e indagare la storia, la cultura e la natura dell’uomo.

La cerimonia di conferimento nell’Aula magna del Rettorato, in un’anteprima che vedrà McCurry atteso protagonista del Siena Awards Photo Festival, il prestigioso festival internazionale di fotografia che si tiene in questi giorni a Siena.

Inedita e coinvolgente la Lectio Magistralis scelta da Steve McCurry, che ha tenuto un colloquio con Biba Giacchetti, collaboratrice e amica personale del fotografo su “La vita dietro L’obiettivo”.

McCurry nella sua lunga carriera ha realizzato reportage dall’India e dall’Afghanistan ma la svolta arrivò nel 1979, quando riuscì ad entrare nelle zone afghane controllate dai mujahidin poco prima dell’invasione sovietica, portando poi in salvo i rullini delle fotografie nascosti tra le cuciture dei vestiti. Le sue immagini sono state tra le prime a mostrare al mondo la brutalità dell’attacco sovietico.

Nella Laudatio, il professor Fabio Mugnaini, docente di Discipline antropologiche al Dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali, ha ricordato che “del suo modo di rapportarsi alla fotografia, sarà lo stesso McCurry a fornire, nel 2016, una interpretazione autentica: un narratore, un narratore per immagini, non un fotogiornalista, né un etnografo visivo… intende essere considerato come un narratore, invece, che si prende la libertà di cogliere momenti, luci, colori, eventi, del tempo e del mondo in cui si trova a vivere, per produrne un’immagine da offrire alla altrettanto libera e creativa lettura da parte dei suoi fruitori”.

Poco oltre, il professor Mugnaini si è soffermato sui volti ritratti da McCurry: “i volti: bambini, vecchi, donne e uomini di straordinaria bellezza o bruttezza, senza traccia di dismorfofobia, rughe e occhi, pervadono gli album di McCurry. Il volto è l’interfaccia con cui ciascuno di noi interagisce con chiunque altro, vicino o lontano che sia, a noi somigliante o dissimile; in ogni volto si rinnova la magia dello sguardo che McCurry chiede, ruba forse, accoglie, diretto sfrontato e lo trasmette: è in questo senso che la sua fotografia non è mai risolta. Lui guarda qualcuno che poi, e per sempre, guarderà noi. McCurry è un mediatore; è un tessitore di relazioni impossibili, è un traduttore di esperienze tramite il potere di un mezzo che farà per sempre sorridere il sarto sorpreso dall’inondazione del monsone, che lascerà per sempre i pescatori acrobati a cercare di portare a casa una cena, che ci lascerà per sempre senza respiro guardando le donne avvolte dalla tempesta di polvere”.

Tra le sua immagini più celebri la “Ragazza Afghana”, ritratta in un campo profughi vicino a Peshawar, in Pakistan. Pubblicata sulla copertina del “National Geographic” nel 1985, è considerata la fotografia più riconoscibile della storia e la copertina più celebre di sempre.