Foto Fim Piombino

Chiacchiere tante, prospettive nessuna. Tirando le somme di quel che è emerso dall’incontro organizzato dai sindacati, è questo l’umore dei lavoratori delle acciaierie piombinesi, tra progetti non mantenuti, l’attuale assenza di alternative e una produzione che ancora non riparte.

«Abbiamo organizzato questo incontro per parlare dei nostri problemi, i problemi che ci riguardano», ha detto David Romagnani della Fiom Cgil nella sala convegni dell’hotel Phalesia, aprendo il confronto che sarà più agitato del previsto, in cui una frangia degli operai finirà per attaccare sia la politica che i sindacati stessi. «Il nostro obiettivo – ha continuato – è pretendere dal Governo che arrivata la fatidica scadenza dell’addendum rientri in possesso della governance dell’azienda, abbandonando Issad Rebrab che ormai tiene in ostaggio un intero territorio».

La fatidica scadenza è segnata al 31 ottobre, ultimo giorno utile per il patron Cevital per trovare un partner nel suo progetto industriale, così come stabilito negli accordi presi a giugno con il Ministero dello sviluppo economico il quale ha concesso all’imprenditore algerino delle proroghe per rispettare scadenze già fissate. Ma queste scadenze non sono state comunque rispettate e se entro la fine di ottobre non arriverà un partner, il ministero procederà con la risoluzione del contratto con Cevital.

Nessuno, nella sala congressi del Phalesia, crede davvero che Rebrab troverà un socio. «Deve andarsene – spiegano i sindacati –. A quanto ci risulta al ministero c’è la proposta di un industriale interessato al nostro stabilimento (quella dell’indiani di Jindal, ndr) ma Rebrab non la prende in considerazione: ci sta tenendo in ostaggio».

Le preoccupazioni sono legate a quel che accadrà il 1 novembre. Se l’azienda dichiarerà fallimento, i dipendenti andranno incontro a due anni di cassa integrazione; se Rebrab presenterà ricorso contro la rescissione del contratto, la diatriba andrà per le lunghe; se arriverà un’altra proposta, ci sarà comunque da analizzarla. Insomma: il futuro a Piombino è una vera incognita. E c’è chi cerca le responsabilità. «Siamo stati prigionieri di intrecci burocratici di accordi di programma, cabine di regia e amministrazioni straordinarie: risultati zero – dice Alessandro Babboni di Articolo 1 Camping Aferpi, la frangia più intransigente al Phalesia -. Il Pd, che ha governato la vicenda a tutti i livelli, ha portato avanti la narrazione del tutto va bene, nonostante la realtà fosse un’altra. E lo stesso hanno fatto i sindacati».

Concetti condivisi anche dal sindaco Massimo Giuliani, interrotto prima del suo intervento proprio da Articolo 1 con cartelli con scritto “dimissioni” e “pensate meno alle tessere e più ai lavoratori”, riferendosi alle diatribe politiche tra i Dem piombinesi in vista del congresso. Quando riuscirà a parlare, comunque, Giuliani condividerà il concetto che «gli accordi di programma in sé non bastano se non contengono strumenti radicali d’intervento», ribadendo anche che l’era algerina è finita.

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