«Addio, mia amata» è un romanzo poliziesco di Raymond Chandler, creatore del primo e più famoso dei detective privati, Philip Marlowe. Sullo sfondo di una California ricca e corrotta pullulante di miserabili in attesa del colpo grosso, racconta le indagini di Marlowe alla ricerca di un marito scomparso e di una ragazza. Una trama a tinte forti, condita di ricatti e violenza, lusso e una lunga catena di delitti. Un autentico capolavoro del genere hard boiled.
 
Dal romanzo sono stati tratti addirittura tre film. Abbiamo scelto di raccontare le vicende senesi seguendo il filone noir, dopo il pezzo dello scorso aprile (leggi) in cui veniva data una lettura del Giallo di Siena e dei soliti sospetti, proprio perché ancora ci sono elementi della vicenda che sfuggono. Alcuni perché, i moventi di alcuni protagonisti, le conseguenze di certe azioni …
 
La trama del giallo, intanto, ha continuato a regalare sorprese e colpi di scena. E ci sembrava giusto, oggi, fare entrare in campo il detective più famoso. Ieri lo abbiamo mandato in incognito  all’incontro di commiato, organizzato dal Pd, di Franco Ceccuzzi in una sala Calvino del Santa Maria della Scala gremita di militanti e cittadini. Speriamo che, almeno lui, sia riuscito a chiudere il cerchio e dare risposta agli interrogativi ancora sospesi. Questo il suo resoconto.
 
«Poteva essere il giorno della furia e del rancore. Poteva essere il giorno delle parole grosse, delle scomuniche e delle liste di proscrizione. Invece è stato il giorno in cui una sala gremita e «vibrante» (come ha definito Mauro Barni lo stato emozionale dei presenti) di passione civica ha ascoltato parole nette, certamente, ma anche pacate e rivolte più al futuro che al passato. A pronunciarle, visibilmente emozionato (se emozioni si possono scorgere sul suo volto quasi sempre fisso come una maschera), il sindaco dimissionario Franco Ceccuzzi, che ha parlato alla fine di una serie di interventi.
 
Aveva aperto le danze il segretario cittadino del Pp senese, Giulio Carli, che ha ripercorso le tappe di queste ultime drammatiche settimane, rimarcando come lo strappo definitivo dei 6+1 consiglieri PD sia venuto dopo una serie di incontri in cui quelle critiche poi esplose nel voto contrario al consuntivo di bilancio 2011, non erano mai state avanzate; ha ricordato come già sul voto della prima spaccatura, quello d’inizio aprile sul documento relativo alla Fondazione Mps, avevano pesato le scelte della Fondazione stessa in merito alle nomine nel cda della Banca Mps. Carli fa, infatti, risalire a quella decisione, che escluse Fabio Borghi ma soprattutto Alfredo Monaci dal ritorno in Banca (eppure, verrebbe da dire, l’assassino torna sempre sul luogo del delitto …), l’origine degli sconquassi politici che hanno portato alle dimissioni irrevocabili di Franco Ceccuzzi. Eppure, specie dal settore vicino ad Alberto Monaci, si rammenta come le ostilità siano state aperte dalla richiesta di dimissioni di Gabriello Mancini dalla presidenza della Fondazione Mps e di sostituzione del Dg dell’Azienda Ospedaliera Antonio Marchese Morello, avvenute ormai nel dicembre del 2011. E si rivendica la richiesta reiterata di convocazione degli organi provinciali del Pd fatta in quel periodo e rimasta senza risposta per settimane e settimane. Quis fuit horrendos primus qui protulit enses?, avrebbe detto Tibullo.
 
Dopo le parole decise ma su toni bassi di Giulio Carli, è stata la volta del Capogruppo Pd in Consiglio Comunale, nonchè recordman di preferenze alle elezioni comunali 2011, Massimo Bianchi, il quale, forse per la provenienza dalla stessa esperienza politica (quella della Margherita), o più probabilmente perchè vittima preferita degli attacchi dei 6 consiglieri “monacisti”, ha pronunciato parole più severe e accorate, dimostrando una oratoria di alto livello e grande esperienza. Lui stesso ha “confessato” di essere in Consiglio Comunale dal 1997, pertanto portatore ai limiti del concetto di “discontinuità”. Bianchi ha ripercorso l’ultimo anno in Consiglio ricordando a tutti che i 5 (senza Bazzini che è una “new entry” del 2011) più 1 (Giancarlo Meacci) avevano votato in buon ordine il previsionale 2011 e gli aggiustamenti in corso, senza muovere critiche nè rilievi, che alle molte riunioni di gruppo del Pd non hanno avanzato obiezioni facendole poi uscire sulla stampa il giorno dopo, e che, infine, alle ultime riunioni proprio non si sono presentati. Ha poi ricordato che il bilancio di previsione del 2008 – epoca Maurizio Cenni – aveva subito le stesse “pressioni” da parte degli stessi consiglieri, che poi votarono favorevolmente solo al termine di due giornate drammatiche di rinvii e nascondimenti, telefonate e trattative, all’ultimo secondo. Era il periodo in cui stava nascendo il Pd a livello nazionale, e a Siena i vari gruppi che sarebbero confluiti in esso cercavano di conquistare posizioni e percentuali in previsione della famosa “fusione fredda” che poi originò la ancora gracile creaturina. Quella sul bilancio 2008 fu pertanto una battaglia nella costruzione degli equilibri del Pd senese che, l’anno successivo, portò Franco Ceccuzzi alla carica di segretario cittadino del neonato Pd di Siena (uno degli ultimi Pd cittadini nati in Italia – le primarie di Veltroni furono fatte nell’autunno 2008…), Alfredo Monaci nel cda di Banca Mps, appositamente allargato di due posti, e Alberto Monaci al terzo mandato, in deroga, nel consiglio regionale del 2010. Per le altre “componenti” democratiche non rimasero che le briciole (Alessandro Starnini ad esempio, si accodò obtorto collo a quell’accordo e divenne uno dei due vicesegretari cittadini, gli altri rami furono totalmente potati).
 
Poi è intervenuto Mauro Barni, già presidente del comitato elettorale di Ceccuzzi nonchè ex sindaco di Siena, che ha tenuto un lucido ed appassionato discorso sulla necessità di una presenza politica autenticamente di sinistra in città, ed ha riconosciuto a Ceccuzzi sindaco la capacità e il coraggio di portare avanti la bandiera del cambiamento e della discontinuità anche a fronte di scelte dolorose. Senza soffermarsi sulle polemiche ha evidenziato inoltre le buone cose messe in cantiere in questo troppo breve periodo. Infine, al microfono è giunto lui, Franco Ceccuzzi, salutato da un lungo e calorosamente vivido applauso di tutti i presenti, nella sala piena e con tante persone in piedi.
 
Ceccuzzi, colletto aperto e senza cravatta, ha tenuto un discorso di grande pacatezza, rivendicando le cose fatte, anche quelle appena abbozzate, e proponendo – in maniera che è parsa sincera e non strumentale – la necessità di una rilettura degli “ultimi venti anni”, non solo di queli dal 2001 ad oggi, ovvero di quando molte delle vicende che pesano sull’oggi iniziavano a compiersi. Ha tirato in ballo Pierluigi Piccini, ad esempio nel dire che la frettolosa acquisizione di Banca Antonveneta, avvenuta nel 2007 con le modalità discutibilissime che ormai tutti sanno e su cui ha messo gli occhi anche la Guardia di Finanza, era stata causata dalle tante occasioni perse per miopia negli anni precedenti. Ma in questa rilettura ha inserito anche una necessaria visione autocritica, con una onestà che gli fa onore unita alla capacità di introdurre nella riflessione del “suo” popolo questioni anche scomode.
 
Nella parte autocritica ha inserito un accenno forte alle vicende del Monte dei Paschi, che poi sono il detonatore di tutto, quando ha detto chiaramente che introducendo la politica nella gestione della Banca sono stati commessi errori e «c'è gente che se ne è approfittata» (palese riferimento ad Alfredo Monaci e Fabio Borghi?), ma ha anche rivendicato la decisione di «sostenere la Fondazione Mps nella scelta di un cda della Banca dotato di professionalità e di esperienza», composto da personalità di grande autorevolezza e competenza. In questo passaggio ha trasmesso il profondo significato della decisione della «discontinuità», decisione che poi gli è costata le dimissioni. Soprattutto nel passaggio relativo alla revisione autocritica di questi anni e nello sguardo sinceramente speranzoso per il futuro, un futuro in cui ha detto «sarò sempre vicino a Siena», si è colto un accento da commiato, da ultimo saluto di un comandante sconfitto ma non vinto.
 
Franco Ceccuzzi ha detto, testualmente, che il 9 giugno comincerà l’avventura del Commissario e che pertanto in questi giorni che rimangono ci sono molte cose da fare per indirizzare ancora la città verso un futuro più sereno: forse parlava di scelte proprio sul bilancio. Ma l’ha detto non ritualmente: nel tono e nello sguardo, in una certa stanchezza e serenità (quella cui si giunge quando le decisioni sono prese e non c’è altro da fare), si leggeva il commosso e sincero addio a Siena e alla «bellissima esperienza» di esserne il Sindaco, un’esperienza che – come ha detto Mauro Barni – «segna per sempre la vita». Anche quando si è ancora giovani, come è, per l’appunto, Franco Ceccuzzi.

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