Il presidente Berni con il governatore Giani e l'assessore Saccardi

FIRENZE – Carta alla mano, per gli agricoltori il ritorno è minimo. Un finocchio pagato 35 centesimi al chilo viene rivenduto a 1,78 euro.

Il cavolfiore viene pagato 50 centesimi al kg e venduto a 1,48 euro/kg dalla Grande distribuzione (circa il 33%). Dati che riguardano l’intera produzione orticola. Il valore è diminuito di 20-30 centesimi: il radicchio 15 centesimi, le cime di rapa non arrivano a 30 centesimi.

“Dal campo al prodotto che finisce in tavola c’è un abisso di prezzo – ha sottolineato la Cia Agricoltori Italiani della Toscana, che stamani a Firenze ha fatto un quadro del comparto agricolo -. Ed anche se il consumatore finale è disposto ad acquistare il prodotto ad un prezzo maggiore, quella differenza che inizia con la coltivazione e finisce alla Grande distribuzione non va di certo in tasca all’agricoltore”.

Basti pensare che con 100 kg di grano si producono 90 kg di farina, con i quali si fanno 108 kg di pane. Ecco quel pane costa al consumatore 380 euro, ma quel grano (che è stato utilizzato per la farina) è stato pagato al produttore solo 25 euro. E mentre un produttore prende 35 centesimi per un chilo di grano duro (pagato bene), un pacco di pasta costa 2,08 euro, con un aumento del 494% dal campo alla tavola. Stessa dinamica sul latte: all’allevatore vanno 52 centesimi al litro, ma il consumatore per comprarlo spende 1,80 euro (+246%).

Vale anche su frutta e verdura: i pomodori passano da 1,13 euro al chilo all’origine a 3,73 euro al consumo (+230%); le mele da 50 centesimi a 2,43 euro al chilo (+386%); le pere da 1,64 a 3,55 euro al chilo (+116%); Il risultato è un calo del 60% del reddito netto delle imprese agricole, che fanno sempre più fatica a coprire i costi di produzione in continua ascesa (+16 mila euro nell’ultimo anno per azienda). Contemporaneamente sono venuti al pettine anche i nodi della PAC: sempre meno conveniente per l’azienda agricola toscana.

“Bisogna dare più valore alle nostre produzioni toscane, a partire dalla Grande distribuzione organizzata – ha detto il presidente Valentino Berni -. Non è possibile che un olio extravergine d’oliva toscano, dopo essere stato messo sullo scaffale a 8,30 euro al litro, passi al sottocosto a 5,30 euro. Così muore l’agricoltura toscana fatta di medio-piccole aziende agricole. Dal campo alla tavola, la differenza non va all’agricoltore, ma alla distribuzione, al trasporto, al confezionamento, al packaging, conservazione (frigoriferi) senza dimenticare la parte della logistica. E’ necessario alzare il ricavo di chi quel prodotto lo realizza, assicurando ogni giorno cibo sulle nostre tavole”.

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