Sarà che viviamo l’era del 4.0, quella in cui l’accessibilità – almeno quella on line – è un diritto per tutti. Il famoso clic che dovrebbe spalancare le porte del mondo; sarà che viviamo l’epopea della musica da abusare in modo gratuito. Basta collegarsi a youtube, scaricare la propria play list, mettersela sullo smartphone e il gioco è fatto. Ma a me quanto accaduto ieri sera a Pisa, durante il concerto di Vinicio Capossela, provoca un certo senso di smarrimento. Partiamo da un principio sacrosanto: la musica, e ancora di più la buona musica, ha un prezzo e pertanto per goderne, si paga. Da che mondo è mondo ai concerti si assiste pagando, per vedere e godere di uno spettacolo si paga. Tanto o poco? Se quell’artista e le sue canzoni hanno un valore non c’è prezzo che tenga. Per me che sono cresciuto passando ore e ore sui cataloghi a fare acquisti di cd e vinili e ore e ore nei negozi di dischi per scegliere e selezionare i migliori da portare a casa, da scartare, stropicciare e ascoltare, sentir pronunciare da dei giovani che «iniziative culturali come questa, in luoghi pubblici non devono essere a beneficio di pochi e a pagamento ma devono essere gratuite e per tutti», oltre a provocarmi l’orticaria mi impone due tipi di riflessioni: la prima è che costoro non conoscano nemmeno lontanamente il valore della cultura e che siano quanto di più distante esista dal concetto di cultura; la seconda è che le piazze si chiudono – vivaddio – e i biglietti si mettono a pagamento per i concerti, oltre che per rientrare dell’investimento fatto da parte di chi li organizza, proprio per evitare che chi, non ne riconosce il valore e il significato, ne stia alla larga il più possibile. Lasciando chi ha pagato e ha davvero voglia di assistere al concerto, libero di goderne. Purtroppo a Pisa così non è stato. E verrebbe da chiedersi come sia possibile che le forze dell’ordine e i servizi di sicurezza sempre richiesti in abbondanza per eventi di questo genere, non siano riusciti ad impedire che in pochi interrompessero il concerto. Per chi i concerti li segue, sa che sono assimilabili al compimento di un rito che ha del sacro. Il fan instaura un rapporto simbiotico con il suo cantante che da quel palco gli trasmette emozioni da vivere tutte d’un fiato. E guai ad interrompere quel filo magico che regala brividi ed emozioni, in cui i pensieri e i ricordi si intrecciano facendo compiere, per almeno due ore, dei viaggi oltre i confini della realtà. Ma chi si permette di interrompere tutto questo in nome di un non meglio precisato diritto, che ne sa? Un’ultima riflessione si impone. A Pisa, dopo le ultime elezioni amministrative, ogni occasione sembra diventata buona per creare tensione, destabilizzare e ricavare visibilità. Un malcostume tutto italiano che vive delle demonizzazione dell’avversario piuttosto che del confronto sui contenuti. Probabilmente nel gesto di ieri sera non c’era niente di tutto questo, o forse sì. Ma almeno questi signori abbiano il coraggio di farsi chiamare con il loro nome, quello di maldestri scrocconi, ed evitino di nascondersi dietro i falsi miti della cultura e delle piazze aperte per tutti. Al resto e a raddrizzare una serata storta, come sempre, ci ha pensato Vinicio Capossela con i pezzi del suo ultimo lavoro, ‘Ballate per uomini bestie’, alcuni pezzi dedicati al Trionfo della morte del Camposanto di Pisa e una dedica speciale a suo padre, presente al concerto, con ‘Si è spento il sole’ di Adriano Celentano.

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