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FIRENZE – È stato condannato a due anni di reclusione, con pena sospesa, Moh’d Dani Hakam Taleb.

Il giovane di 23 anni che nella notte tra il 31 gennaio e il 1° febbraio 2024 aveva lanciato due bottiglie incendiarie contro il consolato degli Stati Uniti a Firenze.

La sentenza è stata emessa ieri mattina dalla giudice Angela Fantechi presso il tribunale del capoluogo toscano, al termine di un processo con rito abbreviato. Oltre alla condanna, è stata disposta una multa di 6 mila euro. Taleb non andrà in carcere e la pena rappresenta il minimo previsto per i reati contestati.

Caduta l’accusa di terrorismo

Il tribunale ha riconosciuto il giovane colpevole soltanto di fabbricazione, detenzione e trasporto di ordigni esplosivi, assolvendo invece Taleb dall’accusa più grave: quella di terrorismo aggravato. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Taleb, figlio di genitori di origine giordana e palestinese, aveva agito da solo. Le molotov, preparate in casa, non colpirono l’edificio e si infransero sulla strada a pochi metri dal consolato. Non ci furono feriti.

Il movente e la rivendicazione

Le indagini della Procura, supportate anche da immagini di videosorveglianza, hanno permesso di identificare rapidamente l’autore del gesto. Taleb, durante gli interrogatori, ha spiegato di aver voluto attirare l’attenzione sul conflitto nella Striscia di Gaza e di essersi pentito dell’azione. Nei giorni successivi all’attacco, erano circolati video e messaggi di rivendicazione pubblicati su Telegram, nei quali si faceva riferimento a possibili altri atti in Italia come risposta alle operazioni militari di Israele. Tuttavia, gli investigatori hanno accertato che dietro i messaggi non vi era alcun gruppo organizzato, ma solo il giovane fiorentino.

La difesa: “Un gesto isolato, non terrorismo”

L’avvocato difensore Samuele Zucchini ha sottolineato come il suo assistito abbia collaborato fin da subito con le autorità, ammettendo le proprie responsabilità e dichiarando di aver agito per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione palestinese. “Moh’d ha ripreso a lavorare, è tornato a vivere in famiglia e ora è libero, senza alcun obbligo”, ha dichiarato il legale.

La vicenda si conclude così con una condanna per reati legati agli ordigni, ma senza il riconoscimento dell’aggravante terroristica, che aveva fatto temere inizialmente un coinvolgimento di gruppi estremisti internazionali.

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