In principio era la fiaba, la narrazione epica e mitologica, i resoconti di viaggi in terre esotiche e ‘fuori dal mondo’. Quindi il racconto gotico, il fantasy, il fantastico. Finché, con il progresso scientifico riferito soprattutto alla fisica e all’astrologia, nasce la fantascienza (la science fiction, per dirla all’inglese). Così che i paradigmi scientifici ormai acclarati potessero essere spinti anche ‘oltre’, grazie a quella infrazione praticabile quando si alleano razionalità e fantasia. Pertanto, a costo di ‘farsi paura’, ecco storie dove l’assurdo diviene reale, il prodigio (quasi) credibile. E’ a questo punto – e non certo ignorando precursori quali Poe, Shelley, Verne, Wells – che sorge la fantascienza moderna, un vero e proprio genere letterario che successivamente troverà ulteriori espressioni nel cinema, nel fumetto, nella televisione.
D’ora innanzi la fantascienza vorrà dire ‘meraviglia’, momentanea sospensione dell’incredibile; significherà, a suo modo, la trasposizione di una incondizionata fiducia nel progresso, un atteggiamento mentale aperto al futuro (e al futuribile). Poi l’inquietante fungo della bomba atomica ottenebrerà improvvisamente gli entusiasmi nell’angoscia e nel lutto. Tragedia immane, nonché monito a come la scienza non fosse certo estranea all’opzione tra bene e male. Non a caso, allora, a partire dagli Anni ‘60 e prevalentemente in America, la fantascienza si presterà ad essere anche critica sociologica, interpretazione del presente, giudizio morale, ironia su miti, tabù, certezze. Pensiamo, ad esempio, a racconti quali Villaggio incantato di Alfred Elton van Vogt (parabola satirica sul relativismo), Miraggio di Clifford Simak (a dimostrare che l’incontro tra culture diverse è possibile), Servocittà di Walter M. Miller Jr. (in uno scenario post-atomico le macchine abbandonate ai loro automatismi rendono impossibile la vita ai pochi superstiti), Il costo della vita (grottesca rappresentazione del consumismo). Fino ad affrontare le tematiche dell’emarginazione come ne L’esame di Richard Matheson, dove si descrive una società che mette a morte gli anziani o nel toccante Fiori per Algernon di Daniel Keyes in cui si narra di un ritardato mentale che a seguito di un esperimento scientifico diviene iperdotato, ma solo per breve tempo.
Così – nata popolare – la letteratura fantascientifica si farà sempre più colta. E non a caso i racconti che abbiamo ora richiamato saranno pubblicati la prima volta in Italia nel 1959 in una antologia diventata celebre (Le meraviglie del possibile) nel blasonato catalogo di Einaudi Editore per la cura di Sergio Solmi e Carlo Fruttero. Fu, quella, una vera svolta. Dopo di che – sempre per restare in Italia – non stupirà vedere sulle librerie di letterati e intellettuali l’intera raccolta dei romanzi di Urania (iniziati da Mondadori nel 1952 e ancora in edicola). D’altra parte come ebbe ad avvertire proprio Carlo Fruttero, la fantascienza “non è profezia, ma una proiezione appassionata dell’oggi su di un avvenire mitico: e per questo aspetto partecipa della letteratura e della poesia”.

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