Dopo due anni di successi e tournées in Europa, in attesa di volare a Bordeaux, Lisbona e Bogotà, torna sul palco del Teatro di Rifredi, da giovedì 20 a sabato 22 febbraio alle ore 21, “La scortecata”, lo spettacolo di Emma Dante che debuttò trionfalmente al Festival di Spoleto 60.

Lo spettacolo “La scortecata” è una favola al tempo stesso antica e moderna che la drammaturga e regista palermitana  ha adattato da una celebre novella (trattenimiento decemo de la iornata primma ) della raccolta “Lo cunto de li cunti” di Giovambattista Basile. Ne “La vecchia scortecata” lo scrittore napoletano narra la storia di un re che s’innamora della voce di una vecchia, la quale vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Il re, gabbato dal dito che la vecchia gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Ma dopo l’amplesso, accorgendosi di essere stato ingannato, la butta giù dalla finestra. La vecchia non muore ma resta appesa a un albero. Da lì passa una fata che le fa un incantesimo e diventata una bellissima giovane, il re se la prende per moglie. Nell’adattamento di Emma Dante le due vecchie sorelle decrepite e brutte, Carolina e Rusinella, sono interpretate da Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola una coppia di maschi vigorosi e sudati cui sono affidati ruoli femminili come nella tradizione del teatro settecentesco. Le due sorelle, che si sopportano a fatica ma non possono vivere l’una senza l’altra,  tirano avanti nella trepida attesa di un miracolo e, per far passare il tempo, inscenano la fiaba. Usando degli elementi scenici minimalisti ed essenziali, in un palcoscenico praticamente vuoto, due seggiulelle per fare il vascio, una porta per fare entra ed esci dalla catapecchia e un castello in miniatura per evocare il regno, i due uomini mettono in gioco tutta la loro prorompente fisicità per dare vita a un racconto da sogno, drammatizzando la fiaba con umorismo e volgarità. Sembra che il re intenda sposare la più bella del reame e che loro, seppur rattrappite e grinzose e iscritte al libro mastro della bruttezza, abbiano qualche possibilità di successo. La fantasia prende facilmente il volo e le anziane artritiche acquistano improvvisamente agilità per rappresentare i vari personaggi che si affacciano alla loro mente esaltata. Basta un cencio in testa per diventare un re, un lenzuolo si trasforma nel manto di una fata, una parrucca rossa e due lunghi guanti bianchi ed ecco che la sorella più giovane sembra l’atomica Rita Hayworth. Quando alla fine non arriva il fatidico: “e vissero felici e contenti…” la più giovane, novantenne, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire dalla pelle vecchia la pelle nuova. La morale: il maledetto vizio delle femmine di apparire belle le riduce a tali eccessi che, per indorare la cornice della fronte, guastano il quadro della faccia, per sbiancare le pellecchie della carne rovinano le ossa dei denti e per dare luce alle membra coprono di ombre la vista.  Ma, se merita biasimo una fanciulla che troppo vana si dà a queste civetterie, quanto è più degna di castigo una vecchia che, volendo competere con le figliole, si causa l’allucco della gente e la rovina di se stessa.

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